Una stazione termale ottocentesca riaffiora nel mezzo di un bosco


A Montecorvino Pugliano resistono caparbi alcuni relitti di un passato che il trascorrere del tempo tende a corrodere. Sulla Provinciale verso Faiano, nel perimetro di un bosco esso stesso carico di storia, tra alberi e vegetazione si nascondono rovine che potrebbero evocare all’apparenza l’antichità classica, e invece sono i ruderi di una stazione termale che risale a due o tre secoli fa: si tratta delle terme borboniche di Santa Tecla.

Ph. © Luca Maresca

IL TERRITORIO – Proprio in epoca borbonica, l’intero comune di Pugliano visse una fase di prosperità per la crescita demografica e la bonifica dei terreni. Santa Tecla è la più recondita delle nove frazioni di Pugliano: qui i primi nuclei abitativi risalgono addirittura alle soglie del III secolo prima di Cristo. Il nome della frazione deriva dalla sua chiesa madre ma è legato alla leggenda di Santa Tecla, salvata da un miracolo quando il padre, per il rifiuto della fanciulla ad un matrimonio combinato, la gettò nella fossa dei leoni, che si inginocchiarono davanti a lei.

IL BOSCO – La vasta superficie alberata compresa tra Santa Tecla e Faiano è detta Bosco di San Benedetto, in onore di un antica abbadia di Faiano dedicata al Santo: è un’area verde secolare in cui dominano fresco e quiete, estesa lungo 115 ettari, abitata da diverse specie vegetali, in particolare cerri e querce rosse. Oggi è un’area demaniale indipendente dall’amministrazione locale, e la sua lunga storia quasi millenaria, tra accadimenti reali e narrazioni orali, rimanda fino al medioevo feudale. La transizione ottocentesca in era borbonica è testimoniata da “un raro documento datato 1810, ritrovato dagli studiosi Nunzio di Rienzo e Lazzaro Scarpiello”, in cui è riportata una “stima” del Bosco eseguita dai periti del Borbone (così riferisce Walter Brancaccio; fonte: promemorianews).

LE TERME – Ora, è esattamente in quest’area boschiva che ha origine la sorgente dalle spiccate proprietà benefiche e terapeutiche alla quale è legata la presenza delle terme borboniche di Santa Tecla. Sulle terme vere e proprie la documentazione in rete scarseggia e i riferimenti sono sempre brevi e vaghi. Anzi, un quotidiano locale di fine Ottocento (dunque in epoca post-unitaria e non più borbonica) rimanderebbe ad altra data e a un nome specifico: quello del giovane imprenditore Alberto Morese, che il 16 giugno 1894 avrebbe inaugurato lo stabilimento termale recante il suo nome, dopo aver avviato tre anni prima la produzione di bottiglie di “Acqua minerale Morese” (fonte: La Città). Quel che è certo è che la sorgente è passata alla tradizione orale con il nome bizzarro ed eloquente di  acque fetenti, a causa dell’intenso odore sulfureo dovuto alla composizione chimica: l’acqua sorgiva è infatti ricca di ferro, zolfo e litio.

Anche lo stato attuale del complesso termale non aiuta a decifrarne la storia: la vasca termale è ancora integra e funzionante e si trova sì accanto ad un torrente che ancora emana il caratteristico odore sulfureo delle “acque fetenti”, ma a decine di metri dalle rovine del corpo centrale delle terme. Ad oggi le rovine versano in uno stato di totale abbandono, ricoperte dai rovi e, in alcuni punti, purtroppo usate come discarica.

ALTRE DERIVE – La scoperta di questo luogo e le relative immagini le dobbiamo a Luca Maresca, fotografo professionista e da qualche tempo attivo esploratore dei relitti campani.Arrivato sul posto”, racconta Luca, “per raggiungere la stazione termale ho dovuto farmi strada con cautela e non senza qualche difficoltà tra rovi, vecchi giornali, copertoni di auto e lastre d’amianto. Lungo il percorso si avverte un pungente odore di sterco, segno che questi edifici sono anche usati come stalle per bestiame d’allevamento. All’inizio ho avuto la tentazione di non spingermi oltre, ma alla fine mi sono addentrato tra le rovine e mi sono fermato quasi un’ora a scattare fotografie”.

I ruderi delle terme borboniche di Santa Tecla oggi conservano ben poco dell’aspetto originario, ma l’intreccio regolare di corridoi sovrastati da archi in pietra conferisce un’atmosfera sacrale e quasi mistica a questo complesso termale edificato tre secoli fa.

Ph. © Luca Maresca

Categoria: struttura ricettiva
Tipologia: stazione termale borbonica
Stato: rudere
Accessibilità: libera
Durata della visita: meno di un’ora
Aggiornamento: marzo 2022

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