Resti della proto-industria campana: la cartiera di Acerno


A metà Ottocento era particolarmente florida l’attività proto-industriale del Picentino, concentrata nella località di Acerno dove, oltre a un sito minerario, erano operative due cartiere e due ferriere, dotate anche di una gualchiera per la lavorazione del lino. I ruderi che ne restano sono quelli della più antica cartiera di Acerno, databile addirittura intorno all’inizio del Settecento.

 

Acerno è oggi un piccolo comune di 2000 anime localizzato tra i monti Picentini. Le distese alberate che circondano questo paesino sono letteralmente tappezzate da fragoline di bosco da cui si ottiene la famosa fragolata. La sua fondazione risalirebbe addirittura al periodo appena successivo alla seconda guerra punica ed è dovuta ai profughi dell’antica Picentia distrutta dai Romani (fonte). A detta di alcuni deve il suo nome alla diffusa presenza di alberi di acero ed è anche chiamata la “città delle cento acque” per la presenza di numerosissime fonti di acqua, tra l’altro di elevata qualità. Proprio grazie alla presenza di corsi d’acqua che fornivano energia idrica, Acerno fu una delle prime località del Picentino dove si sviluppò una forma di industrializzazione. Gli impianti davano lavoro a decine di operai e l’attività segnò un periodo di benessere per gli abitanti della zona, che però ebbe fine nel 1862 con la chiusura delle strutture. In breve tempo si è perso anche il ricordo di questo periodo prospero e ricco e le fabbriche sono cadute nell’oblio, presto inghiottite dalla vegetazione spontanea.

Ad oggi, appena fuori dal centro sono visibili i ruderi della più antica cartiera di Acerno. Le murature verticali esterne sono per lo più rimaste in piedi, ma in verità è sopravvissuto poco altro: all’interno, i solai e le altre strutture lignee sono ormai scomparsi, così come gran parte dei macchinari. Si notano ancora, al piano terra, i resti dei tini e delle pile originariamente utilizzati per la lavorazione e produzione della carta; il piano superiore è accessibile ma c’è poco da vedere. Poco distante è possibile scorgere i resti di un altro antico caseggiato a due livelli parzialmente avviluppato dalla vegetazione: forse si trattava degli alloggi degli operai, dove ancora sopravvive qualche finestra e porta che si apre su solai però completamente crollati.

 

L’esplorazione della cartiera di Acerno ha richiesto poco meno di un’ora e si è svolta sotto una pioggerellina fastidiosa e un cielo plumbeo. La presenza di innumerevoli rivoli d’acqua, uniti al muschio che avvolge le rocce e al fango, ha reso il suolo lento e scivoloso. La forte umidità dava al paesaggio un non so che di tetro e vagamente sinistro, rendendo i rumori ovattati. Non nascondo che, quando mi sono infilato nel buio del locale al piano terra aiutandomi con la torcia del cellulare, per fotografare le vasche, ho provato un senso di disagio mai avvertito negli altri posti che ho visitato.

di Luca Maresca
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Categoria: archeologia industriale
Tipologia: antica cartiera
Stato: ruderi pericolanti
Accessibilità: libera
Visita: 45-60 minuti
Aggiornamento: aprile 2022

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