Le rovine di uno storico pastificio nella Città della pasta


NOTIZIE – Nonostante domini il paesaggio circostante in modo quasi ‘eco-mostruoso’, sono scarse e non sempre univoche le informazioni reperibili in rete riguardo questo scheletro industriale, collocato tra gli edifici abitativi del centro di Gragnano. Le notizie di seconda mano, che abbiamo reperito già sul posto, suggeriscono che l’immenso rudere sia un pastificio abbandonato. Per la precisione, si tratta di uno dei più antichi stabilimenti di Gragnano adibiti alla produzione industriale di pasta. Sorto nel lontano 1873 su quattro livelli, fu definitivamente dismesso per i cedimenti strutturali in seguito al disastroso terremoto del 23 novembre 1980. Dopo decenni di silenzio mediatico, di recente è tornato alla cronaca per i rischi di stabilità della lunga ciminiera (aggiornamento 2020).

STORIA – In termini di archeologia industriale questi resti sono un vero e proprio monumento storico, e non soltanto perché antichi: il pastificio abbandonato fu originariamente costruito dalla famiglia che è, forse, la più celebre tra quelle dei maestri pastai, la Garofalo. Un’attività sorta in forma pre-industriale nel XIX secolo e che, per le capacità imprenditoriali di Alfonso Garofalo, alle soglie del Novecento fissò questo stabilimento, ormai meccanizzato, tra i maggiori pastifici esistenti, per dimensioni, forza lavoro impiegata e mole produttiva.

Ma se Gragnano è nota in Italia come capitale della pasta, è perché in questa località, baciata dal sole e dal vento, la lavorazione del grano duro ha origini pluricentenarie: i primi pastifici a conduzione familiare risalgono persino al XVI secolo. La fama fu quindi sancita con solenne ufficialità dal Regio decreto emesso da Ferdinando II di Borbone il 12 luglio del 1845: in questa data il Re di Napoli affidò ai pastai di Gragnano il compito e il privilegio di rifornire direttamente la corte.

Nello stesso cortile dove giace il rudere del pastificio abbandonato, è ad oggi attiva una nuova fabbrica di pasta, di Gerardo Di Nola. A seguito del rifacimento di un’ala dell’antica fabbrica dismessa, i locali ristrutturati, modernizzati ed attualmente funzionanti conservano esternamente la muratura originaria, inclusi i finestroni con robuste sbarre metalliche, che un tempo servivano all’areazione delle sale interne.

LA NOSTRA DERIVA – Abbiamo avvistato questo gigante fin da valle, mentre visitavamo una stazione dei treni non più in funzione, e ne siamo stati subito attratti. La fabbrica si erge su un’altura fittamente urbanizzata, ma spicca per le dimensioni colossali e i contorni austeri, oltre che per l’affusolata ciminiera che, ancora intatta, spunta in alto su un lato. Giunti nei pressi di questo titano defunto, abbiamo notato i segnali di proprietà privata e visto persone entrare e uscire dal nuovo pastificio in attività. Ci siamo fermati in attesa di essere notati, per chiedere informazioni e il permesso di gironzolare lì intorno. Autorizzazione concessa, ma a nostro rischio e pericolo: l’edificio è pericolante e occorre fare molta attenzione. Il portone è aperto, ma il primo corridoio d’ingresso si presenta ricolmo di svariati rifiuti: copertoni, resti di mobili, sacchi d’immondizia, scaricati negli anni in modo abusivo.

 

L’edificio appare subito come una carcassa lasciata lì a consumarsi, in buona parte crollato e svuotato di qualsiasi contenuto removibile. Le sale che abbiamo attraversato hanno ormai poco da raccontare, non è rimasto quasi nulla oltre alle strutture portanti e alle pareti interne. Dal soffitto collassato in un ambiente laterale si intravede parte di una parete esterna sopravvissuta al crollo. In una piccola corte interna i rifiuti hanno formato una montagnola solida e compatta, ma attraversandola si scoprono oggetti d’ogni tipo, persino giocattoli anni ’80 e ’90 e una stampante. Le stanze più lontane dall’ingresso sono meglio conservate, ma anch’esse piuttosto spoglie o malmesse.

Su una parete buia, la luce della torcia ha rivelato una serie di cifre segnate con dei colori. In un’altra sala si trovano vasche in pietra, che un tempo dovevano servire al riposo della pasta o a qualche altro scopo ignoto a noi profani.

 

La visita si è inaspettatamente chiusa con un tour del nuovo pastificio adiacente: il proprietario Gerardo è stato così gentile da invitarci ad entrare nella sua fabbrica nuova di zecca, per mostrarci i moderni macchinari che oggi sono in funzione tra le strutture dell’antico pastificio, preservate e messe in sicurezza. Come se non bastasse, per salutarci e augurarci buon Natale ci ha fatto un ‘piccolo’ dono: due chili di maccheroni!


Categoria: archeologia industriale
Tipologia: pastificio
Stato: abbandonato e crollato
Zona: Monti Lattari (NA)
Dintorni: popolati e trafficati
Accessibilità: proprietà privata
Durata della visita: 1 ora
Data: dicembre 2018

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