Sembrano riposare abbracciati questi due fossili edilizi dalla diversa storia e (de)composizione, e senza alcun tratto esteriore in comune. L’uno è un monastero incompiuto, che appare come un rudere ridotto ai minimi termini e invece è solo il telaio esterno di un progetto mai terminato, ormai eroso dal tempo. L’altro è un ex caseificio, perfettamente adiacente al suo fratello siamese: questo palazzetto giallo ha avuto però una sua nascita, vita e morte, a differenza del mai-sorto-monastero con cui condivide un lato come in un affettuoso, seppur improbabile bacio.
Un vecchio video pubblicitario, ancora presente in rete, testimonia l’esistenza di questo caseificio almeno fino a quattro anni fa, ma anche lo stato di conservazione dell’opificio sembra suggerire un abbandono piuttosto recente. Venendo dal monastero, prima di fare ingresso nel caseificio mi sono trovato davanti un furgone di formaggi e mozzarelle, ammaccato e arenato in un prato: sbirciando tra le portiere posteriori spalancate, ho potuto soltanto immaginarli i vari latticini disposti sulle mensole ormai incrinate.
Varcata la soglia dell’edificio, ho esitato qualche minuto a causa di un rumore intermittente di saracinesche: la prudenza non è mai troppa. Ma la ripetitività e costanza del suono metallico mi hanno fatto presto dedurre che si trattasse soltanto del vento. Svanito ogni timore, ho potuto constatare come all’interno dell’ex azienda casearia gli ambienti avessero preservato diversi elementi che rimandavano dell’attività ormai estinta. Tra questi, ho ritrovato ancora perfettamente intatto il bancone trasparente della vendita diretta di prodotti.
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Tipologia: azienda fallita
Stato: abbandono
Raggiungibilità: molto agevole in auto
Dintorni: desolati
Durata della visita: 30-60 minuti
Aggiornamento: agosto 2019