Il basolato si perde nel lapillo, la ruota anteriore sbanda, i vigneti lasciano posto agli ulivi, il sentiero curva, di nuovo il basolato. Quassù? Che strano, lo seguo. Si apre un mondo. Un mondo silenzioso e deserto. Sorpresa! Mi ritrovo in uno spiazzo, alla mia destra una grande edicola votiva dedicata alla Madonna di Lourdes, avanti a me diversi edifici. Tutti dismessi, tutti fatiscenti. Sono in una enorme azienda agricola abbandonata, o almeno in ciò che ne rimane. Lascio la bici ed inizio ad aggirarmi tra i vari padiglioni del complesso. Quasi tutti hanno un nucleo più antico, che sembrerebbe risalire agli inizi dello scorso secolo, al quale sono stati addossati vari ampliamenti probabilmente dagli anni ’50 in poi.
L’estensione dell’insediamento è notevole e visitarla tutta richiede molto tempo. Inizio da una palazzina che (almeno negli ultimi anni di vita) aveva ospitato gli uffici amministrativi, lo si capisce dalla mole di documenti contabili ancora presenti, ormai tutti rovesciati sul pavimento. Sedie e poltrone d’epoca che hanno visto tempi migliori sono sparsi qua e là, accanto un locale adibito a cucina con fornello in muratura e arredi anni ’60. Quest’ azienda agricola ha attraversato rigogliosamente tutto il XX secolo, rinomata era la sua produzione di Lacryma Christi, ma a leggere le fatture di vendita produceva anche olio e uova, fino a spegnersi probabilmente agli albori del 2000 (almeno a giudicare dalle ultime date rinvenute sui documenti).
Percorro per intero un locale ricolmo di frammenti di vetro, che in passato sono stati forse delle porte. Su alcune quasi intatte scorgo il nome di un’altra impresa appartenente alla famiglia che conduceva quest’azienda agricola, forse trasportate qui dopo il fallimento conseguente ad uno scandalo finanziario che ne decretò la fine nei primi anni ’80. Salgo fino al sottotetto, ricco di eternit ma anche di scheletri di arredi, bauli da viaggio, una vecchia stufa a gas, banconi, e molti altri oggetti dimenticati.
Altri padiglioni hanno un aspetto più domestico, probabilmente una foresteria o proprio abitazioni, alcune camere sembrano essere state abitate in maniera improvvisata dopo l’abbandono ed oggi sono piene di abiti sparsi sui pavimenti, bambole e giocattoli. Un secondo edificio a due piani ospita altre camere e una grossa sala con caminetto, il tetto è crollato e il pavimento del primo piano è in condizioni molto precarie, anche qui oggetti di tutti i tipi sparsi tra le macerie. Accanto una enorme piscina dalla forma bizzarra è attraversata da due scenografici ponticelli che raggiungono un isolotto centrale. La vasca ancora trattiene un po’ d’acqua piovana sul fondo della quale si scorgono altri arredi e suppellettili.
Questa azienda agricola abbandonata doveva essere un bel posto, e non solo dedito alla produzione. A quanto pare l’azienda era frequentata anche dalle famiglie locali che qui trascorrevano il tempo libero, beneficiavano di assistenza ed avevano la possibilità di svolgere anche le cerimonie religiose. Non mancavano nemmeno le occasioni mondane, infatti pare che negli anni d’oro molti esponenti politici e personaggi e dello spettacolo quali Nino Taranto, James Senese e Mario Musella, Renato Rascel, Mike Bongiorno e perfino Eduardo De Filippo abbiano visitato i vigneti, calpestato questi basoli, varcato queste soglie.
Lungo un vialetto fa bella mostra di sé una casetta in legno, sicuramente un gioco per bambini, mentre in due piccoli locali sono ammassati scheletri di televisori anni ’70 e ’80 e una caldaia a gasolio, più in là invece una piccola serra in legno e vetro, ormai vuota, sembra risalire anch’essa agli inizi del secolo scorso. L’ultimo padiglione è a due livelli di cui quello interrato è la cantina vera e propria. Sono ancora presenti botti in legno, torchi per la pigiatura dell’uva, e in un angolo buio, dimenticate, alcune vecchie bottiglie di vino. Una porta la data del 1968 e l’etichetta invita a berne quanto ne si vuole perché “non fa mai male”.
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Prima di andare via e riprendere il sentiero sterrato ripasso a dare un’occhiata ai diversi veicoli abbandonati, tra cui uno strano camioncino sicuramente utilizzato per il trasporto interno del raccolto, un trattore malconcio e, cosa davvero sorprendente, una Jeep Willys, di quelle in dotazione all’esercito alleato, un vero e proprio residuato dell’ultimo conflitto mondiale.
Aggirarsi tra i viali e vedere tutto questo ben di Dio abbandonato fa tristezza, inevitabilmente si pensa a quando tutto funzionava, al lavoro, alle famiglie, alla vita che pullulava tra questi viali. Ma come sempre quando mi trovo in posti del genere il pensiero trae una logica evidenza: tutto finisce.
di Luigi Scarpato
Tipologia: azienda agricola abbandonata
Stato: cattivo stato
Raggiungibilità: a piedi
Accessibilità: libera
Durata della visita: 1-2 ore
Aggiornamento: marzo 2021