La cartotecnica divenuta ‘fabbrica di bambole infestata’


Difficile trovare un appiglio per tirarsi fuori da un pantano di disinformazione e spirito trash che avvolge (e travolge) la sorte di una semplice fabbrica abbandonata a San Giorgio a Cremano. L’unico modo per mettere ordine e venirne a capo è cominciare dalle sole, pochissime certezze: in una traversa di via Manzoni, al confine del Comune, ormai da decenni riposa il relitto di un’ex cartotecnica, che le poche fonti giornalistiche indicano in modo impreciso ma in buona fede come ex fabbrica di cartoni o ex cartiera di San Giorgio. Questa carcassa, a memoria degli abitanti della zona, giace agonizzante da diversi decenni. In pochi ricordano cosa producesse di preciso, ma quasi tutti sanno che un incendio – per dolo, errore umano o guasto tecnico – ne danneggiò gran parte degli ambienti e macchinari.

Oggi, vista dalla strada principale l’ex cartiera di San Giorgio si presenta come un edificio verde e viola, probabilmente ex sede degli uffici, chiuso e circondato da una recinzione con filo spinato; alle spalle, tra i vicoli interni, spiccano i capannoni vuoti, le lamiere, le strutture metalliche arrugginite e gli scheletri di ciò che un tempo è verosimilmente andato a fuoco.

 

Qui terminano le scarne informazioni esistenti sull’ex cartiera di San Giorgio (o meglio: cartotecnica), e da qui prende origine, invece, una rozza matassa di fake news e retorica acchiappa-like, paradossalmente replicata in un circolo vizioso di copia-incolla privo di qualsiasi verifica e tantomeno di un’elaborazione autonoma.  L’indigeribile ricetta adottata in questo caso mette insieme, in ordine sparso, i seguenti ingredienti: misteri, leggende, fantasmi, bombole e bambole assassine, macchinari posseduti e infine gli immancabili sensitivi. Mescolati ben bene, hanno generato un minestrone di notizie-spazzatura poi riversato sopra una semplice carcassa d’archeologia industriale e gettato in rete senza alcun riferimento specifico.

Sono quasi una decina – e per decenza non li menzioniamo – i siti web che con una catena di imitazioni reciproche, aggiungendo volta per volta qualche dettaglio macabro o ad effetto, riportano la storia di una generica fabbrica di bambole di San Giorgio, arsa da un incendio, ma priva di riferimenti topografici o altre precisazioni. E a questo punto si viaggia con le invenzioni di fantasia. Da un incendio accidentale o doloso (unico probabile elemento in comune con la reale ex Cartiera di San Giorgio), si è passati dalle bombole esplose alle bambole assassine, che sulla scorta dei film horror fanno di certo più impressione. Così la storia è diventata quella di una spaventosa fabbrica di bambole infestata: in mancanza di dati, di verifiche sul posto e finanche di una vaga idea dell’oggetto del discorso, ecco che le fotografie a corredo di questi pseudo-articoli sono immagini rubate in rete di bambole mostruose e di incendi spaventosi, mentre un fatto di cronaca è divenuto una “misteriosa leggenda popolare”.

Veniamo al dunque: di notte i macchinari (che non ci sono) riprenderebbero a funzionare rumorosamente, fantasmi (di operai o di bambole assassine?) attraverserebbero questi locali arsi dal fuoco, grida strazianti si sentirebbero provenire da queste mura, bagliori di fiamme o persino fuochi fatui illuminerebbero gli ambienti bui nelle notti di gennaio (?!). E infine il tocco di classe: presunti “esperti” non meglio definiti, sulla base di nozioni imprecisate, ma con tanto di virgolettato garantirebbero: “sì, in questo luogo ci sono presenze paranormali!”.

La bufala della fabbrica di bambole infestata è un caso iperbolico e persino divertente, ma è il sintomo di una prassi, purtroppo, sempre più diffusa tra le testate locali online e siti web d’occasione, che spesso si limitano frettolosamente a copiare notizie da altre fonti e appropriarsi di testi altrui, oppure spacciano per certezza informazioni non verificate. In questa cornice di cattiva informazione, si inserisce poi un’altra tendenza decisamente kitsch: quando si tratta di luoghi abbandonati, in molti fanno leva sulla suggestione e si avvalgono di un linguaggio carico di pathos: “misteri”, “voci dal passato”, “sussurri”, “mura impregnate di sofferenza”, “echi di dolore” ed altre generiche allusioni al paranormale vengono senza alcuna ragione né sensibilità associati ai relitti architettonici, che siano ex conventi, dimore o scheletri di archeologia industriale.

Le leggende popolari e la tradizione orale hanno il loro fascino e la loro legittimità, ma confondere questo piano con quello dei fatti e della verità è, ahi noi, la modalità dominante della (dis)informazione odierna e della costruzione di un’opinione pubblica. Forse qui pecchiamo di scarsa leggerezza, ma per certi versi, e in ambiti ben più importanti e delicati di questo, i tempi sono ‘bui’, e di certo non per i fantasmi che si aggirano in una vecchia fabbrica.


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