Un calcolo fallito: la fine della grande Olivetti di Marcianise


Un immenso capannone, no, eccone un altro, e poi persino un terzo, ancora più esteso: una selva di colonne perfettamente allineate, e ben piantate al suolo; in alto le spesse travi dei soffitti s’intrecciano con la medesima regolarità e incorniciano porzioni di cielo; sui pavimenti allagati dalla pioggia d’aprile le pozzanghere imbastiscono giochi di luce. L’insieme è un’ambivalente sinfonia post-industriale dal forte impatto visivo: non stupisce che qui siano state girate scene di noti prodotti televisivi e cinematografici. È la ex Olivetti di Marcianise, fabbrica del ramo meccanico e informatico che negli ultimi decenni dello scorso secolo ha onorato la fama del celebre marchio italiano e, soprattutto, dato nuova vita economica al territorio.

 

La svolta in negativo è avvenuta con il passaggio di proprietà alla Società per Azioni Ixfin con la quale, nel 2006, lo stabilimento è fallito per bancarotta, dopo qualche anno di agonia amministrativa e produttiva. A quel punto, quasi 800 operai erano già da tempo in cassa integrazione (cfr. Il pane e le rose), prolungata fino all’improrogabile scadenza che ha lasciato i lavoratori senza occupazione né reddito. Nel 2017 è anche giunta la sentenza di secondo grado, con cui è stato confermato in sede giudiziaria il fallimento della Ixfin. A chiusura della vicenda, nel 2022 il Tribunale di Napoli ha emesso le condanne per i dirigenti e imprenditori responsabili, con una pena pecuniaria vicina ai 100 milioni (cfr. Casertanews). In seguito a tali vicende, l’intera area industriale della ex Olivetti di Marcianise, estesa su un suolo di quasi 200.000 mq in totale, è andata incontro a un rapido e inesorabile decadimento e svuotamento, fino ad apparire com’è oggi. 

Il cuore pulsante dello stabilimento era la struttura centrale, la sezione più estesa e tutt’ora quella più interessante da un punto di vista fotografico. L’ultimo calendario risale al 2003 (foto), mentre un orologio appeso a una colonna è fermo alle 13:26 di chissà quale giorno, mese, anno (foto). I macchinari sono per lo più spariti, restano involucri e carcasse delle apparecchiature una volta funzionanti, e centraline, tastiere e cartelli che un tempo servivano a regolare la produzione e che ora non comandano né dicono più alcunché.

 

Il corpo di fabbrica su un lato del capannone ospitava gli uffici amministrativi della Ixfin, dotati di servizi per dipendenti quali mensa, banca e sala per la ricreazione, con tanto di tavolo da biliardo ancora visibile tra i rottami. Qua e là resistono sedie, telefoni, insegne, fotografie, calcolatrici, VHS; sul retro c’è ancora il vecchio montacarichi, ormai inagibile; su una parete, un poster annuncia la missione e i valori dell’azienda (foto), un altro riporta la planimetria del Centro formazione e addestramento per i nuovi assunti (foto).  Una scalinata conduce al piano superiore (foto), dove erano collocati gli uffici del call center Ixfin, confinanti con la mensa.

Il cartello esterno Area riservata ai servizi sanitari segnala la presenza, un tempo, di un’infermeria con pronto soccorso, dove tutt’ora resistono vecchi computer ormai divorati dalla vegetazione, in un bizzarro contrasto tra tecnologia e natura. Accanto a una di queste scrivanie, c’è una cabina insonorizzata per audiometria: su una targhetta esterna si legge ancora la scritta cabina silente. Se qualcosa del vecchio arredo ancora sopravvive, il resto è un mucchio di detriti e cocci, materiali edili sbriciolati e rifiuti accumulatisi nel tempo.

 

Eppure la storia aziendale, quella che fa capo al prestigioso marchio originario della fabbrica, è un esempio virtuoso di industria informatica italiana. In Campania, già dal 1955 era operativa una sede Olivetti a Pozzuoli (cfr. Archivio storico Olivetti). Progettato dagli architetti Eduardo Vittoria e Marco Zanuso, lo stabilimento di Marcianise fu edificato nel 1970 al fine di produrre macchine contabili. Il territorio, sino ad allora prevalentemente agricolo, registrò un evidente sviluppo produttivo, mentre cresceva in modo significativo il reddito pro-capite. Con l’apertura dell’impianto di Harrisburg (USA), all’inizio degli anni Settanta la Olivetti contava 11 impianti industriali nazionali e 10 all’estero. Il fatturato superava i 465 miliardi di lire e i dipendenti complessivi erano oltre 73mila, di cui circa la metà in Italia (cfr. sito del Museo dinamico della tecnologia “Adriano Olivetti”). Un primo momento critico per l’azienda fu il mancato aggiornamento alle più nuove tecnologie elettroniche sul finire del secolo scorso e la conseguente perdita di competitività sui mercati. Come detto, però, la strada verso l’abisso giudiziario e la dismissione dello stabilimento del Casertano è da ascrivere alla gestione Ixfin.

Negli ultimi anni le amministrazioni e in particolare il consorzio ASI hanno ragionato su una possibile riqualificazione di quest’area industriale abbandonata (cfr. Casertanews: link 1 – 2020, link 2 – 2022); non mancano neppure eventi culturali volti a catalizzare l’attenzione sulla storica azienda italiana e sull’ex Olivetti di Marcianise (cfr. Edizione Caserta), ma ad oggi, nel 2023, l’intera area industriale è ancora un vasto terreno post-industriale abbandonato.


Categoria: archeologia industriale
Tipologia: fabbrica di macchinari informatici
Stato: abbandonata e in rovina
Visita: sconsigliata
Aggiornamento: aprile 2023
Altre foto: link all’album Facebook

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