L’ecomostro truccato: l’ex inceneritore di Cava de’ Tirreni


Un (eco)mostro truccato e abbellito: così si presenta oggi quel blocco squadrato di grigio cemento, ma ornato di coloratissimi fiori, che è l’ex inceneritore di Cava de’ Tirreni. I graffiti che ricoprono la struttura non sono però un’iniziativa bottom-up di riappropriazione urbana, anzi sono frutto di una commissione dall’alto, ossia da parte delle amministrazioni locali, allo scopo di ammorbidire l’impatto visivo di un edificio dalle forme brutaliste, un reperto di archeologia industriale dismesso da quasi mezzo secolo e abbandonato su Via delle Arti e dei Mestieri.

 

La toponomastica, in tal senso, per mera coincidenza appare perfettamente descrittiva: dapprima infrastruttura finale della catena di produzione, l’impianto di smaltimento rifiuti è divenuto quindi la ‘tela architettonica’ di una vistosa opera di street art, realizzata nell’ambito del Lumen Project dal writer internazionale Pixel Pancho, torinese di nascita che nel frattempo ha dato vita a un marchio commerciale. L’artista ha potuto persino disporre di un’attrezzatura comprensiva di gru e ponteggi, per lavorare al meglio al piano di trasformazione estetica del relitto. Dietro il tripudio cromatico e floreale, e dietro la sagoma di un Pulcinella meccanico che fa capolino su una facciata laterale dell’edificio, sono conservati i rottami metallici e lo scheletro dell’impianto, che mostriamo qui grazie al dettagliato reportage fotografico di Luca Maresca.

 

L’inceneritore di Cava de’ Tirreni è un ecomostro in tutti i sensi possibili: non soltanto per l’originario danno paesaggistico e per il lungo, e ancora attuale degrado dei materiali, ma soprattutto perché esso è stato fonte – durante la sua breve attività – di sostanze altamente inquinanti, che hanno contaminato l’aria e i prodotti agricoli delle campagne circostanti, compromettendo anche la salute dei residenti e obbligando quindi alla rapida chiusura dello stabilimento. Sicché i graffiti, oltre ad addolcire l’estetica del blocco di cemento, sembrano quasi avere il compito di sovrascrivere una storia non proprio gloriosa.

Sorta nel 1973 per lo smaltimento di rifiuti, la struttura si serviva di forni e bruciatori a gasolio, alimentati in realtà anche con rifiuti solidi e materiali plastici per ottimizzare le spese, inoltre privi dei necessari filtri e depuratori di scorie e fumi tossici. Per questo, già nel 1978 terminò la breve, nociva esistenza dell’inceneritore, che da 45 anni è uno statico relitto industriale, monumento di una censurabile storia di aggressione ambientale. Le immagini scattate da Luca Maresca ci mostrano le viscere di questo edificio al di là della facciata esterna, decorata e truccata con affascinanti graffiti d’autore.

 

Già da due anni e sinora senza esito, l’immobile risulta in vendita per una stima di circa 435mila euro, che sia a scopi di abbattimento o riqualificazione. Luca, che ha avuto il coraggio di mettere piede al suo interno (gli ingressi sono aperti e non si notano divieti), si è fatto largo tra polvere, ragnatele e ruggine, e chissà quali residui tossici. “Mi sono aggirato con prudenza all’interno dell’impianto”, racconta Luca, “ed ero circondato da portelli, serbatoi, tubature e manopole per la regolazione dei flussi: metallo arrugginito ovunque. Mi sono fatto strada tra i rifiuti e sono salito ai piani superiori, finché ho raggiunto l’enorme vasca adibita a contenere l’immondizia, sversata poi nei forni lungo binari a partire da una grossa benna motorizzata”.

Mentre scattava le ultime foto dall’alto col drone, Luca è stato raggiunto da un’abitante del luogo incuriosita dalla sua presenza. Non senza amarezza, la donna ha ricordato i malati e i morti causati dalle emanazioni dell’inceneritore di Cava de’ Tirreni: “La conversazione mi ha toccato”, ci racconta Luca, “e sono andato via con cattivi pensieri, alleviati solo in parte dalla scoperta di due uova deposte proprio lì da un volatile, quasi a riprova del fatto che la vita può rigenerarsi anche tra simili rottami, un tempo dispensatori di disgrazie”.


Categoria: archeologia industriale
Tipologia: impianto di smaltimento
Stato: dismesso
Dintorni: abitati
Visita: sconsigliata
Aggiornamento: maggio 2022

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