Saint-Gobain: rifiuti tossici sotto l’ex fabbrica del vetro


NOTIZIE – L’ex fabbrica del vetro Saint-Gobain è ad oggi zona off-limits per diverse ragioni. Nei mesi scorsi un paio di ragazzini hanno esagerato con le bravate, uno si è rotto due vertebre e qualche altro osso minore per una caduta, e la fabbrica è finita sotto sequestro. D’altra parte, negli stessi mesi un’indagine della Procura e un blitz congiunto di Carabinieri e Polizia Ambientale hanno rivelato la presenza nel sottosuolo della cosiddetta ‘piscina rossa’: un accumulo di rifiuti tossici sotterranei, per lo più metalli pesanti, tra cui l’arsenico, che finiscono direttamente nei pozzi circostanti adibiti alla fertirrigazione.

Eppure l’intera area dismessa, in tempi piuttosto recenti, era divenuta persino il set di una nota serie TV, mentre questo singolo opificio, negli anni, ha più volte prestato il proprio fascino anacronistico e decadente come sfondo per vari shooting fotografici e video di privati.

 

LA NOSTRA DERIVA – Noi ci siamo passati qualche mese prima che, improvvisamente, venissero puntati così tanti riflettori su quello che è uno dei più noti reperti di archeologia industriale campana, ma anche, fino a poco tempo fa, un vecchio rudere dimenticato. La lunghissima ciminiera, che domina la visione esterna di questo enorme cadavere metallico, offre la prospettiva anche nella poderosa sala interna principale, dove si scorge l’ampia bocca del condotto, in cui probabilmente veniva fusa la miscela iniziale del vetro.

Il resto della fabbrica è piuttosto spoglio, qua e là affiorano al suolo, tra le pozzanghere d’acqua,  resti di vecchi macchinari, scatole metalliche, frammenti di strutture, mentre lastre e lamiere divelte pendono dai soffitti. Un sistema di scale metalliche, ormai non troppo sicure, conduce a un piano superiore, dove risiedevano alcuni uffici e una centralina dei comandi.

 

STORIA – Aperta negli anni ’60 come filiale campana della prestigiosa azienda internazionale Saint-Gobain, questa fabbrica era adibita alla produzione di lastre di vetro per finestrini di automobili. L’opificio, operativo su un’area industriale estesa complessivamente per quasi 500.000 metri quadri, rappresentava una delle prospettive di sviluppo e rilancio economico del territorio, bisognoso soprattutto di possibilità di lavoro. Ma dopo meno di trent’anni la fabbrica fallì, e oggi non ne resta che una carcassa abbandonata nel mezzo di un cimitero post-industriale, che nessun progetto pubblico o privato ha saputo rivitalizzare.

 

Per vedere il nostro racconto fotografico sul sito Ascosi Lasciti clicca qui


Categoria: archeologia industriale
Tipologia: fabbrica del vetro
Stato: abbandonata e in rovina
Raggiungibilità: agevole in auto
Dintorni: piuttosto desolati
Accessibilità: viale d’accesso
Visita: non consentita
Aggiornamento: ottobre 2018

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