Il parco archeologico di Cuma e l’Antro della Sibilla


La città di Cuma è antichissima ed è tra le prime colonie greche sulla costa campana e dell’intera Penisola: la sua fondazione risale al 730 a. C. e, per intuirne l’importanza, basti pensare che Napoli, a suo tempo, nacque come approdo marittimo secondario e come caposaldo strategico di Cuma. Inaugurato quasi un secolo fa, ossia nel 1927, il Parco archeologico di Cuma racchiude un insieme di ruderi e resti riportati alla luce attraverso una progressiva opera di scavo iniziata a metà Ottocento e conclusa nei primi del Novecento. Come spesso accade, ad affiorare sono le stratificazioni di secoli di storia, nei quali si sono succeduti diversi popoli: al termine dell’epoca greca, il territorio passò nel 421 a.C. ai Sanniti e infine, meno di cento anni più tardi, ai Romani. In questo avvicendamento Cuma subì un lento declino politico, sociale e demografico, tanto che l’area abitata si ridusse alla sola acropoli anche in epoca romana, nonostante l’apertura della via Domitiana e i collegamenti verso Roma (di questa rete stradale resta oggi l’Arco Felice vecchio come testimonianza).

L’ACROPOLI In cima al Monte di Cuma, ovvero al termine della Via Sacra che scala la collina, svetta il Tempio di Giove, costruito nel VI secolo a.C. e infine convertito, nel V secolo d.C., in basilica cristiana. A differenza del Tempio di Apollo, che si trova a metà del sentiero di salita e che è ormai ridotto ad un pavimento di ruderi (qui alcune foto), il tempio dedicato a Giove presenta diverse strutture ancora visibili tra gli archi e le mura di tufo: in particolare si distingue la fonte battesimale, una piscina circolare in pietra tufacea rivestita di marmo, che nel periodo cristiano permetteva la completa immersione del battezzato.

 

LA LEGGENDA DELLA SIBILLA Il luogo di certo più noto e affascinante del Parco archeologico di Cuma è l’Antro della Sibilla, che deve il suo appeal ad una leggenda più che alla realtà: il tunnel, infatti, secondo alcune interpretazioni storiche era una galleria militare a scopo difensivo dell’acropoli, scavato in epoca sannitica (IV-III secolo a.C.) e poi rimodellato in età romana. Gli ambienti trasversali al tunnel dovevano essere utilizzati come cisterne per raccogliere e canalizzare le acque piovane, ma nel periodo paleocristiano divennero luoghi di sepoltura. Nello stesso periodo fu riadattata a luogo di culto anche la cosiddetta stanza della Sibilla, che si trova al termine del percorso visitabile.

L’attribuzione di “Antro della Sibilla”, ovvero la ricostruzione mitologico-letteraria di questo luogo come collocazione misteriosa dove la Sibilla esercitava le proprie funzioni oracolari e sacerdotali in nome di Apollo, è dovuta all’archeologo Amedeo Maiuri: quest’ultimo cercò e rinvenne il tunnel associandolo all’antro descritto nei versi di Virgilio, ritenendo che le numerose aperture laterali della grotta fossero da ricondurre alle “cento porte” della leggenda, “dalle quali il vento faceva turbinare le foglie su cui la Sibilla scriveva i responsi” (dal sito ufficiale del Parco).

 

LA CITTÀ BASSA Il Parco archeologico di Cuma è visitabile a pagamento, ma non per intero, giacché diversi edifici e zone sono precluse al pubblico: fuori dalle mura, nascosti da un frutteto, ci sono i resti dell’anfiteatro; ai piedi dell’acropoli, in pianura si distendono le Terme del Foro, risalenti al II secolo a. C., che non sono attualmente accessibili per lavori di manutenzione. Possiamo mostrare le terme nella loro ampiezza grazie a una foto panoramica scattata dal Monte di Cuma (prossima galleria in basso, prima foto).

In verità, anche nell’area visitabile, appena prima di salire verso l’acropoli e di fronte all’Antro della Sibilla, c’è il più interessante dei percorsi nel sottosuolo, la crypta romana, una galleria di circa 300 metri scavata dai romani, in età augustea, interamente nel tufo (nella stessa epoca, ma con funzioni diverse, fu scavata la non distante Piscina mirabilis, di cui abbiamo parlato in questo articolo). Originariamente edificata con funzioni militari e di collegamento fino al porto, solo in età tardo-antica la crypta assunse funzioni sepolcrali. Anch’essa attualmente non è visitabile per ragioni di sicurezza, a causa di condizioni di instabilità delle pareti tufacee (due foto qui sotto).

 

Se è vero che il Parco archeologico di Cuma è ancora regolarmente aperto al pubblico, già in quest’area sono diversi i luoghi interdetti al pubblico o persino in parte inesplorati, come la crypta romana. Questi tunnel scavati nella roccia tufacea non si limitano all’area flegrea, ma attraversano anche il sottosuolo di Napoli: qui abbiamo dato uno sguardo alla crypta neapolitana e all’adiacente acquedotto romano, anch’essi nati con scopi militari e logistici in epoca romana, ma ammantati di mistero in virtù dei miti religiosi e delle narrazioni di Virgilio.

A qualche chilometro da Cuma, sulle rive del Lago d’Averno, si nasconde nella vegetazione un’altra grotta attribuibile alla Sibilla dell’epica virgiliana, ben più cupa e misteriosa, e totalmente abbandonata. Noi l’abbiamo visitata e sarà il prossimo capitolo di questa parentesi archeologica flegrea, tra luoghi ancora aggrappati ad una cura e manutenzione, ed altri chiusi, o persino dimenticati e abbandonati a se stessi.


Categoria: resti archeologici
Tipologia: templi, terme, gallerie militari e acquedotti
Stato: parziale manutenzione
Zona: Campi Flegrei
Raggiungibilità: in auto
Accessibilità: parziale, a pagamento
Durata: 90 minuti
Aggiornamento: giugno 2021

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