Le costruzioni più antiche di San Severino di Centola riportano il visitatore fino ai tempi dell’Alto Medioevo, attestandosi intorno al VII secolo. La maggior parte degli edifici restanti è invece da collocare intorno all’anno 1000. Nome e fondazione del borgo sono legati alla famiglia Sanseverino, che lo detenne fino al XV secolo: si trattava della più ricca del Principato di Salerno e “una delle più illustri casate storiche italiane, la prima delle sette Grandi Case del Regno di Napoli”, che “arrivò a dominare su più di 300 feudi, 40 contee, 9 marchesati, 12 ducati e 10 principati tra Calabria, Campania, Basilicata e Puglia” (maggiori informazioni su Wikipedia).
Il borgo si arrampica tra due grossi speroni rocciosi sopra la forra chiamata “gola del diavolo” e scavata dal fiume Mingardo tra i pendii di una splendida vallata verdeggiante e silenziosa. Qui ebbe inizio la lunga storia del borgo, nell’allora principato longobardo di Salerno (VII secolo), con l’arrivo di mercenari bulgari guidati dal principe Aztek. L’origine della fortificazione medievale è attribuita al cavaliere normanno Turgisio, da cui discende anche la famiglia San Severino.
Di qui un susseguirsi di eventi e battaglie che nei secoli coinvolsero, tra contese, difese e conquiste, i Longobardi, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi e persino il plotone iberico di soldati mercenari chiamati Almogaveri. Caduto in decadenza dopo l’esilio dei Sanseverino, dal XVII secolo il feudo fu acquistato da diverse famiglie, fu falcidiato dalla peste del 1624 e infine progressivamente abbandonato a partire dal 1888, quando fu completata la costruzione della linea ferroviaria Pisciotta-Castrocucco e gli abitanti si trasferirono più a valle.
San Severino di Centola, chiamato San Severino di Camerota fino all’anno dell’Unità d’Italia, rientra in quei centri abbandonati di cui non restano che le fondamenta e ruderi spogli, e che per questo noi preferiamo annoverare tra i resti archeologici di antichi insediamenti piuttosto che tra i ‘paesi fantasma’. Eppure, sembrerebbe che fino al 1977 un paio di case del borgo fossero ancora abitate, e che la chiesa (di costruzione più recente) fosse ancora la parrocchia di riferimento per gli abitanti residenti a valle.
Proprio la piazza della chiesa nuova reca chiari segni di restauro, che a dire il vero stridono con l’architettura medievale circostante. Alle spalle della chiesa si distende il vicolo meglio conservato dell’intero agglomerato: percorrendolo verso il massiccio sperone roccioso che svetta sul villaggio, sulla destra si apprezzano i ruderi del palazzo baronale, mentre in fondo alla viuzza è piantata nel terreno una croce di bronzo di recente realizzazione.
Poco più in basso riposano le eleganti rovine di un’antica, splendida cattedrale, più interessante rispetto al piccolo castello, i cui pochi resti giacciono sulla cima opposta di questa grossa rupe biforcuta. L’antica cattedrale fu consacrata nell’anno della peste alla Madonna degli Angeli, per l’appunto allo scopo di proteggere il paese dall’epidemia. Il declino di questa chiesa iniziò nel corso della prima metà del 1700, quando fu risucchiata nella generale condizione di miseria e stenti del luogo.
Ad oggi San Severino di Centola lascia rileggere tra i propri mattoni la stratificazione della sua intricata storia secolare, mentre i tentativi di recupero del borgo, utilizzato fino non molto tempo fa come scenario per un presepe vivente, sembrano naufragati, raddoppiando la sensazione di abbandono ma ripristinando così il fascino originario di questo paese arroccato su un dirupo, e immerso in una natura rigogliosa (altre foto sono sulla nostra pagina Facebook).

Tipologia: antico insediamento
Stato: ruderi
Zona: Parco Nazionale del Cilento
Dintorni: natura incontaminata
Accessibilità: scalini
Visita: libera
Durata: 1-2 ore
Aggiornamento: dicembre 2019