Occorre forse ripensare il concetto di paese fantasma se a formarne il gruppo di edifici abbandonati non sono abitazioni, bensì ‘fossili’ di archeologia industriale. È questo il caso del Rione Toppolo di Solofra, una vera e propria commistione di tipi architettonici dell’abbandono, che potremmo definire un borgo industriale fantasma, con una licenza tecnico-poetica.
DERIVA – Nella “città della pelle” le concerie oggi attive operano più a valle, fuori dall’abitato. Ma un tempo gli opifici per la conciatura si trovavano ai margini del centro di Solofra, a pochi minuti di cammino. Così abbiamo lasciato l’auto, e a piedi abbiamo oltrepassato la piazza centrale del paese, apprezzandone la discreta vitalità domenicale, le casette colorate e pulite, l’atmosfera tranquilla. Presto abbiamo raggiunto l’area industriale dismessa che stavamo cercando, e ci siamo incamminati lungo quella che un tempo si chiamava la “passatoia“, ovvero la strada che, passando tra le fabbriche, conduceva nel centro abitato.
Da profani della manifattura delle pelli, nonché dell’architettura e della meccanizzazione industriale, non abbiamo fatto altro che esplorare la zona e intrufolarci in qualche fabbrica aperta. I piccoli opifici, quasi tutti a due piani e in muratura, sono oggi per lo più ruderi, e non conservano molto. Ma in qualche caso abbiamo avuto la fortuna di scoprire alcuni vecchi macchinari impolverati, o qualche oggetto rimasto abbandonato tra le mura di queste antiche fabbriche. Dalle finestre, avvolte tra rovi e ragnatele, si sente scorrere l’acqua del fiume, che un tempo favorì l’attività produttiva.
NOTIZIE – La storia del rione industriale di Solofra, detto anche “casale delle concerie“, impone un lungo salto all’indietro. Secondo alcune fonti, l’artigianato conciario in quest’area risalirebbe al VI secolo dopo Cristo, quando la lavorazione della pelle si affiancava alle attività agricole e pastorali (clicca qui per maggiori informazioni). L’arrivo dei Normanni nell’XI secolo intensificò gli scambi commerciali e quindi la produzione, che conobbe un ulteriore picco sotto gli Aragonesi (XV secolo).
Il toponimo “Toppolo” entrò in uso nel Seicento, ma l’etimologia rimanda al gotico tups che significa “sommità” ed indica un terreno rialzato o una piccola altura: qui allude alla parte intorno al ponte sopra il fiume, che apriva agli snodi commerciali. Nell’Ottocento si verificò una vera e propria industrializzazione della produzione, con ristrutturazioni degli opifici e rinnovamenti delle macchine. L’abbandono segue la traccia comune a molte località dell’Irpinia e del Beneventano: fu il terremoto del 1980 a causare lo sgombero dell’area e il trasferimento delle concerie a valle, fuori dal centro abitato.
Giunto il tramonto, ormai esausti abbiamo lasciato il rione e il paese. Con noi abbiamo portato un centinaio di foto, il ricordo di una giornata piacevole e la voglia di scoprire la storia di questo luogo, una storia che abbiamo provato brevemente a raccontare.
[Qui il link per vedere altre foto]
Tipologia: fabbriche dismesse
Stato: abbandonate e pericolanti
Zona: Irpinia
Raggiungibilità: in auto o a piedi
Accessibilità: non sempre semplice
Visita: indisturbata
Durata: 2-3 ore
Aggiornamento: giugno 2019