Tra gli antichi vicoli di Terracorpo, una piccola frazione di Marzano Appio, s’inerpica una scalinata che conduce in cima all’altura dove svetta l’omonimo Castello di Terracorpo, a lungo appartenuto alla potente famiglia dei Marzano, una delle sette grandi casate nobiliari del Regno di Napoli.
A dire il vero, questa minuscola frazione, in base ai documenti storici e per ovvie ragioni di altitudine, sembrerebbe essere stata il nucleo originario dell’abitato di Marzano Appio. Il piccolo borgo, che oggi conta poche famiglie, dovrebbe risalire al secolo VIII, mentre il Castello di Terracorpo sarebbe stato edificato nel IX o X secolo. Sorto, dunque, come fortificazione a scopo difensivo in epoca medievale, nel periodo angioino e aragonese (XIV-XVI secolo) fu progressivamente trasformato in una vera e propria residenza per volontà delle prime dinastie dei Marzano. È per questo che, oggi, ciò che rimane del castello (danneggiato dai bombardamenti e dai terremoti) ha più l’aspetto di un palazzo nobiliare che quello di un castello medievale.
Non di rado si legge tra i racconti di luoghi abbandonati: “La natura si è ripresa ciò che le appartiene” o “La vegetazione ha ingoiato tutto e si è riappropriata dei suoi spazi”. Mai come in questo caso sarebbe una descrizione appropriata. Anzi, se il Castello di Terracorpo è chiamato così semplicemente in virtù del luogo che lo ospita, in verità la specificazione toponomastica sembrerebbe quasi evocare, per quel che si vede oggi, la sostanza di cui si compone il corpo del castello: rami, foglie, radici che s’innalzano dal terreno, ricoprono e avvolgono tutto lo spazio, trasformando l’ambiziosa architettura di questa residenza nobiliare in un corpo ibrido tra tecnica umana e creazione naturale.
Alle spalle del castello si dipanano sentieri montani immersi nel verde, e la passeggiata potrebbe, per qualcuno, includere la difficile ricerca delle cosiddette ciampate del diavolo, impronte di uomini primitivi antiche di centinaia di migliaia di anni e disseminate in tutta la zona. Senza spingerci a tanto, abbiamo preferito dare uno sguardo esterno alla Chiesa di Santa Maria Maggiore e, soprattutto, una sbirciatina all’adiacente cappella della Santissima Trinità, nota per il suo arco ogivale. Quindi, ci siamo accontentati di ritornare a valle percorrendo le mura anteriori del castello.
Ripassando per la scalinata, abbiamo incrociato un’adunanza di gattini e infine salutato le anziane signore del paesino, affacciate ai balconi, che ci avevano accolto già all’arrivo con curiose domande sui motivi della nostra visita.
A questo link il nostro album Facebook con altre foto del castello.
Tipologia: residenza nobiliare
Stato: abbandono e rovina
Raggiungibilità: comoda in auto
Visita: complessa
Durata: 30 minuti
Aggiornamento: giugno 2020