Catene di montaggio della carne: dentro un ex macello


Accosto l’auto in uno slargo a bordo strada. Fa caldo. Mi guardo intorno, cercando di scorgere ciò che mi aspetto di trovare in quest’area dismessa: un macello abbandonato. Tuttavia, l’intera superficie antistante l’edificio è ricoperta di cassonetti per i rifiuti differenziati. Ce ne sono a centinaia, tutti in fila, a descrivere la trama di un paradosso: smaltimento abusivo di container per lo smaltimento differenziato. Per intendersi, è come se un dottore, di fronte ad un malato in emergenza, esclamasse: “Presto, chiamate un dottore!”, e intanto infierisse sul paziente.

Mentre cerco di capire cosa esattamente ho davanti agli occhi, ecco spuntare un uomo, intorno alla trentina, che scavalca un muretto e dice: “Buonasera”, con aria un po’ colpevole. Mi osserva cautamente, poi realizza che non sono un agente in borghese, e mi confessa di essere un writer, appena riemerso da una sessione creativa. Mi promette che all’interno troverò numerose opere d’arte. In sostanza, questo luogo, prima ancora di essere un macello abbandonato è di fatto una discarica di cassonetti e una galleria di graffiti.


Un tempo era però un’industria di macellazione carni, prima di finire sotto inchiesta da parte della Procura per mancanza di certificazioni sanitarie. Intanto, si diffusero voci che alcuni animali fossero persino infetti. L’inchiesta finì in prescrizione, ma circa dieci anni fa il macello fu smantellato, e da allora non è che un enorme guscio vuoto. All’interno sono rimasti soltanto i macabri strumenti e le sale di macellazione. Sulle pareti si notano anche i cartelli che distinguevano le funzioni dei locali, differenziati in base alle specie animali o adibiti a laboratori, a reparti di lavorazione della carne e delle pelli, a depositi e uffici amministrativi.

Aggirarsi in solitudine tra gli ambienti di del mattatoio non lascia indifferenti. Non occorre essere animalisti per provare una sensazione di disagio mentre si osservano i binari dentati sui quali venivano agganciati suini e bovini, oppure le celle dove venivano depositate le carni, o ancora gli altri strumenti metallici, più o meno grandi, di difficile interpretazione per i non addetti ai lavori. E la fantasia preferisce non provare a ricostruire le possibili scene, in questi casi.


L’impatto forse più intenso proviene dalla visione delle stalle: le ringhiere in ferro impongono un percorso quasi labirintico, e qui non è difficile immaginare centinaia di animali ammassati in fila, diretti in lenta processione verso la propria fine.

Al piano più basso, da un lato c’è una sala buia con un grosso macchinario a chiusura ermetica azionato da una pulsantiera; dall’altro, stanze abitabili che sembrano destinate agli operai o agli amministratori dell’azienda. Nella penombra e nel silenzio, il mattatoio non ha altro da raccontare, se non l’evidenza di una storia leggibile nelle punte metalliche dei ganci affilati, che pendono da ogni soffitto o sporgono da strumenti dalle forme più disparate.


Con tutta la sorpresa di un’esplorazione più che insolita, ma non senza un retrogusto amaro per la visione di quelli che assomigliano a strumenti di tortura, ho lasciato il macello abbandonato, che è anche galleria d’arte urbana e discarica abusiva di cassonetti per la raccolta differenziata. Di certo un luogo inusuale che non si può sintetizzare con l’etichetta di archeologia industriale.

Un video girato all’interno del mattatoio è sul nostro canale YouTube


Categoria: fabbrica dismessa
Tipologia: mattatoio
Stato: precario, vandalizzato
Visita: possibili incontri
Durata: 1-2 ore
Aggiornamento: luglio 2020

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