Un archivio di storie dimenticate: il manicomio di Aversa


NOTIZIE – C’è un’immensa struttura agonizzante tra le vie di Aversa: è uno dei numerosi ex ospedali psichiatrici italiani chiusi e finiti nell’abbandono dopo l’entrata in vigore della cosiddetta “Legge Basaglia”. In realtà Franco Basaglia fu solo il promotore della riforma sui trattamenti sanitari in ambito psichiatrico, ma ad estenderla materialmente fu Bruno Orsini. E in realtà, anche se la legge entrò in vigore nel 1978, la dismissione dei manicomi preesistenti su suolo nazionale fu molto più lenta e travagliata: nel caso del manicomio di Aversa fu compiuta sul finire degli anni Novanta. Più complicato il caso del vicino ex O.P.G. “Filippo Saporito” – le cui condizioni agghiaccianti di detenzione sono state al centro di inchieste – chiuso soltanto pochi anni fa.

 

Gli edifici di questo complesso edilizio hanno una lunghissima storia, che risale al XIII e XV secolo per le sue architetture più antiche, ovvero quelle edificate con funzione religiosa e conventuale: la chiesa della Maddalena è del 1269, mentre il chiostro fu aggiunto nel 1430. La struttura ospitò l’ordine francescano fino al XIX secolo, quando avvenne la definitiva conversione in ospedale psichiatrico sotto la dominazione francese del Regno di Napoli. Il manicomio di Aversa oggi conserva l’ultimo dei tanti nomi ufficiali, ovvero quello di Ospedale psichiatrico S. Maria Maddalena, e dal momento della chiusura versa in uno stato di abbandono e degrado preoccupanti.

LA NOSTRA DERIVA – I due aspetti che colpiscono sono l’immensa estensione di questa struttura, costituita da molteplici padiglioni (in base alla funzione al tipo di patologia), e le condizioni precarie in cui versa, in diversi punti prossima al crollo. L’accesso è stato semplice: siamo entrati attraversando il cancello principale, spesso aperto per la presenza di servizi pubblici dell’ASL, e ci siamo diretti verso il lato della chiesa (oggi distrutta e depredata), il cui portone è invece ben serrato. Abbiamo trovato però un varco accessibile al piano terra dell’edificio adiacente e siamo entrati nel manicomio.

Percorsa un’ala laterale della struttura antistante l’ingresso (sezione “Motti”), ci siamo addentrati nelle profondità degli scantinati, raggiungendo le vecchie caldaie non più funzionanti. Lungo le scale abbiamo trovato flaconi di pillole e cumuli di scarpe, residui del passato di questo ospedale. Risaliti ai piani superiori, facendoci largo tra i detriti ed evitando i corridoi troppo pericolanti, abbiamo visto alcune stanze vuote, bagni, un ufficio medico chiuso con lucchetto, ma quando eravamo diretti verso il centro del padiglione, abbiamo deciso di tornare indietro, a causa di un imprevisto.

Infatti, prima abbiamo notato scarpe e cumuli di abiti troppo nuovi per essere appartenuti ai pazienti di un tempo. Quindi abbiamo sentito minacciose grida in lontananza, in una lingua poco familiare. Proseguendo cautamente lungo il corridoio, da una stanza aperta facevano capolino tre pupazzi, sistemati con un certo ordine, infine un passeggino piuttosto nuovo parcheggiato accanto a una parete.

 

Impavidi, abbiamo proseguito oltre. Ma appena svoltato un angolo ci siamo trovati davanti una stanza senza porta, celata solo da una sottile tendina leggermente mossa dal vento, da cui fuoriuscivano i suoni di un televisore acceso. A quel punto abbiamo cominciato spontaneamente a indietreggiare e, senza troppi indugi, ci siamo allontanati e siamo tornati giù all’aperto.

Mentre ci dirigevamo verso altri padiglioni, insomma sul più bello, la nostra esplorazione si è però dovuta concludere prematuramente. Nel cortile abbiamo incrociato una custode che ci ha invitati a uscire, anche perché era imminente la chiusura del cancello principale, e a malincuore siamo andati via.

Le sezioni “Bianchi”, “Livi”, “Virgilio”, “Chiarugi”, “Verga”, i magazzini, le lavanderie e le officine non li abbiamo mai raggiunti. Ma è qui che, poco più di un anno dopo, entra in gioco il nostro amico Valerio, fotografo e urbexer di lunga esperienza, che nel dicembre del 2019, sfidando la pioggia torrenziale, è venuto da Roma proprio per visitare l’ex manicomio di Aversa.

Valerio ci ha donato alcune delle sue splendide foto, offrendoci quindi una testimonianza dello stato attuale dell’ex ospedale psichiatrico. Ad oggi diversi punti del manicomio risultano murati, rendendo alcune aree inaccessibili. Insieme ad un paio di suoi amici, Valerio ha raggiunto la sezione Livi e si è aggirato in quella zona senza una meta precisa, tra corridoi semibui, depositi di archivi, ampie anticamere, celle, e una deliziosa cappelletta con altare.

 

Questa immensa struttura conserva ancora infinite sorprese e angoli nascosti. Non escludiamo futuri aggiornamenti, ma intanto ringraziamo Valerio per il prezioso contributo.

Per vedere altre foto di Valerio Fanelli su Facebook, clicca qui. Per vedere le sue collaborazioni con il gruppo di Ascosi Lasciti, clicca qui.  


Categoria: infrastrutture
Tipologia: ospedale psichiatrico
Stato: degrado e rovina
Zona: Aversa 
Raggiungibilità: in città
Dintorni: abitati
Accessibilità: limitata
Visita: possibili incontri
Durata: 5+ ore
Aggiornamento: 11/2018; 12/2019 (V. F.)

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