Derive: chi/cosa/come?

CHI SIAMO

Il progetto è cominciato senza un progetto: da una spontanea attrazione verso gli spazi poco battuti e al di fuori delle principali rotte quotidiane e turistiche: aree urbane meno visibili, sobborghi periferici, piccoli centri rurali, borghi medievali. Altrettanto spontaneamente, l’interesse si è spostato di un ulteriore grado, convergendo verso paesi spopolati, strutture dismesse, rovine e ruderi. Ambienti ancor più marginali, ossia privati di relazioni sociali o estromessi dall’attività umana: luoghi non più antropizzati, che rifluiscono in quello che Gilles Clément ha definito terzo paesaggio.

Pur rimanendo nel campo del piacere e del gioco, tale curiosità è divenuta ricerca metodica, impegno, azione pianificata, con l’obiettivo di scoprire, esplorare, conoscere e documentare, entro i confini della Campania, quella che ci piace definire architettura fantasma.

L’essenza di questa passione non sono né i racconti né le immagini, bensì le esperienze concrete: gran parte delle esplorazioni (extra)urbane alle quali ci dedichiamo sono frutto dell’entusiasmo e delle fatiche di due sole persone che, non senza qualche rischio, ne portano qui una testimonianza diretta. Ma derive suburbane è anche un cantiere aperto: per questo accogliamo e pubblichiamo sempre con immenso piacere contributi esterni.

La ricerca dei luoghi abbandonati è un’attività ormai piuttosto diffusa, anzi consolidata e codificata come vera e propria sottocultura, con un nome ben preciso: urbex, sincrasi dell’inglese urban exploration (esplorazione urbana).
Le nostre derive hanno diversi punti d’intersezione con l’urbex, ma le intendiamo in modo diverso: secondo la nostra percezione, il nostro interesse e, per così dire, le nostre regole.


DI COSA SI TRATTA?

Il termine deriva fa qui riferimento ad una pratica situazionista che “si oppone ai concetti di passeggiata e di viaggio” (Guy Debord) in quanto volta a sovvertire un tipo di attraversamento passivo degli spazi urbani, rifiutando gerarchie topografiche socialmente prestabilite e bypassando i confini segnati sulle mappe secondo principi economici o politici. Secondo l’insegnamento situazionista, i criteri di orientamento rispondono ai metodi della psicogeografia, ossia lo studio degli “effetti dell’ambiente geografico che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui” (Debord).

Le nostre derive riprendono l’atteggiamento ludico-costruttivo dei situazionisti e l’idea di tracciare percorsi che trascendano un utilizzo abitudinario e funzionalizzato dello spazio, ridisegnandone la mappatura in autonomia o lasciandosi guidare da sollecitazioni e suggestioni esterne, da improvvisi avvistamenti, fascinazioni, impulsi, attrazioni.

Casualità e pianificazione, in apparente contraddizione, per noi coesistono nel bisogno di ridefinire il rapporto soggettivo con lo spazio pubblico, attraverso la scoperta individuale: la ricerca di luoghi marginali, dismessi, spopolati, sepolti implica il tentativo di riattivare un rapporto immediato con l’ambiente circostante e disegna la rotta dei nostri movimenti.

Gli elementi architettonici, come le merci, in epoca postindustriale possono rapidamente divenire meri avanzi del progresso e rifiuti della produzione. Accade quando non sono più utilizzabili per uno scopo o un profitto, o quando soccombono all’incedere del Nuovo. Le periferie e le città si riempiono di simili scarti, che si intrecciano, pur sprofondando nell’invisibilità, con i luoghi ancora in uso o abitati. Ma questi spazi agonizzanti non sono realmente morti: metterci piede, osservarli, scoprirli, e infine rielaborarli in una forma estetica e consegnarli a un pubblico è un primo passo per restituirli all’esistenza collettiva.

Tanto è legittimo e creativo assecondare il desiderio della scoperta e cedere al piacere estetico della contemplazione, quanto è indispensabile, in un secondo momento, convertire l’azione e l’esperienza in conoscenza.


COME AGIAMO

Il fascino della decadenza al quale siamo innegabilmente soggetti non ci distoglie dalla coscienza dei nostri limiti: il rispetto dei luoghi che visitiamo è un principio etico imprescindibile.

Ci preoccupiamo di accertarci che non siano presenti divieti ufficiali, non violiamo segnali espliciti di proprietà privata, men che meno ci permetteremmo di forzare porte o cancelli. Non evitiamo neppure contatti con abitanti e passanti. Anzi, se possibile, interroghiamo persone informate sullo stato e sulle condizioni di visita di un determinato luogo e, se necessario, chiediamo autorizzazioni. Varcata una soglia, ci atteniamo alla nota regola non scritta di non prelevare né spostare alcun oggetto, facendo la massima attenzione a non arrecare alcun tipo di danno, fosse dovuto anche al solo passaggio a piedi.

Decliniamo ogni responsabilità rispetto ai luoghi visitati e fotografati dai nostri collaboratori esterni, che pubblicando sulla nostra piattaforma si dichiarano autori e firmatari dei propri articoli, dunque responsabili dei relativi contenuti e delle modalità con le quali sono stati raccolti.

Le nostre precise indicazioni sullo stato precario e pericolante di edifici e complessi abbandonati sono da intendere come espliciti messaggi di dissuasione, per chiunque, dal recarsi personalmente e senza le dovute conoscenze e precauzioni nei medesimi luoghi. Non ci riteniamo dunque responsabili per le azioni di terzi che autonomamente decidano di visitarli. Prendiamo le distanze, ancor più, da qualsiasi intenzione malevola, atto vandalico e sfruttamento goliardico dei luoghi da noi mostrati: purtroppo, nella grande maggioranza dei casi, sciacalli e vandali hanno già preceduto le nostre visite.

Lo spirito che ci orienta è quello dell’informazione, della testimonianza e di uno stimolo alla preservazione di spazi altrimenti abbandonati alla corrosione del tempo. Senza alcun fine di lucro.

L’esplorazione della Campania “fantasma” è un compito non privo di rischi, dovuti non solo alla diffidenza di molte persone, ma anche alla possibilità di spiacevoli incontri, poiché non di rado il riutilizzo di edifici abbandonati è volto allo svolgimento di azioni criminose. Per questo, l’invito è di fare il possibile affinché questi spazi dimenticati della Campania possano trovare nuova vita in modo diverso. Le derive suburbane sono un tentativo in questo senso: restituire una voce (una storia) e una visibilità (un’immagine) a luoghi divenuti muti e invisibili; restituire un vissuto (un grado di esperienza) a spazi che rischiano di svuotarsi di memoria umana.


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