C’era una volta… quel che oggi non c’è più. Ovvero qualcosa resiste ed è lo scheletro imponente di un sopravvissuto, testimone degli inesorabili effetti derivanti da una serie di eventi che hanno tristemente caratterizzato la storia di uno degli edifici architettonicamente più importanti di Torre Annunziata. Quel testimone oggi giace vuoto, affacciato sul mare oplontino e sulla secolare Bayard. Di tutto quel che è stato non resta che un amaro ricordo, non esistono più i sogni e le emozioni di cui esso è stato fucina durante la sua vitalità; non esistono più i brividi, i viaggi ad occhi aperti, gli incontri e la mondanità, e tutte quelle emotività per cui esso era stato costruito. Al contrario resta l’essenza di un epilogo inaccettabile che da decenni è sotto agli occhi di tutti e, dunque, volendo riavvolgere il nastro della storia facendola ripartire dal principio, non possiamo non cominciare con il classico incipit “C’era una volta”, il Cine-Teatro Metropolitan di Torre Annunziata.
Non intendo affrontare una questione storica, bensì vorrei più che altro raccontare un viaggio fatto di immagini impossibili da assimilare, apparentemente vuote al tal punto da riflettere un degrado ripugnante, ma nel contempo ci raccontano ciò che rimane di uno dei luoghi che hanno contribuito a rendere ancor più grande una città che negli anni ‘60 era considerata un vanto napoletano.
Il Cine-Teatro Metropolitan è stato un baluardo cittadino avanguardista. La sua realizzazione, su quello che restava delle polveri del Molino Corsea, demolito a seguito dei danni bellici causati dalla rappresaglia nazifascista, è stata una prova del virtuosismo dell’ing. Pastena che lo progettò, il quale, ad opera ultimata alla fine degli anni ‘50, consegnò alla città e ai suoi committenti, Alberto Racconto e il Comm. Ricciardi, uno degli edifici più belli e avveniristici di Torre Annunziata e dell’intera provincia di Napoli.
L’impatto urbanistico dell’imponente struttura fu subito evidente. Ma questo non denotava di certo un problema per l’epoca e lì dove il tempo e il progresso stavano divorando ciò che era l’antico tessuto storico locale. Così il Cine-Teatro Metropolitan impose la sua mole ma anche quella particolare concezione per cui venne edificato, la quale dinanzi alla sua enorme platea unificava sullo stesso palcoscenico il cinema e il teatro, la tradizione e la continua evoluzione tecnologica cinematografica che ormai era divenuta industria vera e propria.
La struttura nel suo complesso disponeva di 2200 posti dislocati su ben tre livelli differenti, ridotti poi a 1800 in rispetto dei vincoli di sicurezza antincendio. Il tutto era ricavato in un’unica ed enorme galleria, che a sua volta era suddivisa in “platea”, “prima galleria” e “seconda galleria”. In più c’erano i servizi a supporto: i locali per l’accoglienza degli attori, camerini e cabine di regia, bar e negozi, più alcuni appartamenti riservati ad uso esclusivo dei proprietari della struttura.
Dal 1958 alla metà degli anni ‘80 il Metropolitan è stato meta dei personaggi più quotati del jet set cinematografico. Gli anni ‘60 furono quelli del suo grande exploit, durante i quali le tavole del suo grande palcoscenico vennero calcate dai personaggi più importanti del momento, tra cui Dino De Laurentiis, che scelse Torre Annunziata per l’anteprima del suo Jovanka e le altre (1960), al grande Totò, da Gina Lollobrigida a Sofia Loren, da Mike Buongiorno a Domenico Modugno.
La metà degli anni ‘80 segnano la fine di un grande sogno e avviano il processo dell’inesorabile decadenza fino quell’abbandono totale della struttura, divenendo così lo specchio di un’epoca tiranna che non ha dato scampo a nessuno degli imprenditori torresi. Il degrado e il tempo hanno poi inesorabilmente fatto della gloriosa struttura lo scempio di quel che era stato uno scrigno in cui sedersi per inebriarsi di emozioni e lì dove colmare il tempo di intramontabili momenti. Ma nonostante tutto anche il degrado, nel suo disprezzo, riesce ad eccitare l’emotività soggettiva, e chi si ritrovasse oggi a guardare dall’esterno i resti decadenti del Cinema Teatro Metropolitan difficilmente non può avvisarne l’effetto.
Il viaggio nella desolazione e nel buio, che si può intraprendere guardando le immagini qui mostrate, è un excursus in quello che un tempo è stato un epicentro di vita locale, dove seppur il contesto risulta mutato esso non apparirà mai né freddo e né vuoto, in quanto quel che si vedrà sarà pur sempre una testimonianza archeologica “parlante” oltre quel che è parte di un ex urbe.
di Vincenzo Marasco
Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno”
Tipologia: teatro/cinema abbandonato
Stato: precario
Durata: 60-90 minuti
Aggiornamento: maggio 2010