Un’altra Epifania nella casa dei bambini abbandonati


ALTRE DERIVE – Mi trovo a raccontare oggi di una esplorazione avvenuta proprio il giorno dell’Epifania di qualche anno fa, in un luogo in cui, in questo giorno, doveva esserci tanta allegria, o forse no: un orfanotrofio abbandonato. A questo giorno la nostra società consumistica ormai lega quasi esclusivamente la figura della Befana, la vecchina rugosa e sdentata che dispensa dolci ai bambini buoni. Il vero significato dell’Epifania però è molto più antico ed è legato alla Rivelazione del divino, al primo riconoscimento pubblico della divinità del bambino Gesù fatto dai magi. E questa esplorazione in un luogo che un tempo era pullulante di bambini fu una vera e propria rivelazione.

La giornata è bella. Soleggiata e non fredda. Il clima ideale per un’uscita. Siamo in due, decidiamo di recarci in un luogo a noi già conosciuto ma che non avevamo ancora esplorato a fondo. Un luogo ricco di testimonianze del passato, anche remoto, e di abbandoni in vari sensi del termine. A guardarlo da lontano, il paesaggio sembra bucolico, distese di verde tra le antiche colate laviche. In realtà nasconde una storia di scempi e devastazioni del territorio, le cui tracce a saper guardare sono ancora lì. Lasciata la strada asfaltata, imbocchiamo un antico viottolo di campagna, e davanti a noi si apre una spianata verde, martoriata però nel profondo da una discarica ormai dismessa che a un certo punto, degradando velocemente, si perde in un muro di lava dai cui strati si riescono a distinguere le diverse eruzioni succedutesi nei secoli fino a quella del 1872. Da vicino lo spettacolo della natura è offeso dai residui di rifiuti che spuntano ancora qui e li, e purtroppo non sembrano essere tanto vecchi. Torniamo sui nostri passi e ci dirigiamo verso un edificio che ormai attira la nostra attenzione, e che scopriremo trattarsi di un orfanotrofio abbandonato.


LA STORIA
– Ad un piccolo corpo di edificazione ottocentesca si addossa un secondo corpo risalente probabilmente agli anni ’60 del XX secolo. Questa modifica ci fa capire che l’edificio probabilmente nel corso della sua vita ha svolto diverse funzioni. Pare che in effetti fosse un piccolo villino rurale, appartenente ad una coppia che non aveva avuto figli, e da questi donato poi da un istituto religioso al fine di destinarlo a struttura di accoglienza per bambini orfani o appartenenti a famiglie dalle modeste possibilità economiche. Il corpo più antico è ancora intonacato di rosso, anche se ormai sbiadito, con eleganti partiture e dettagli in stucco ocra. La facciata principale al piano terra è invece realizzata a blocchetti di pietra lavica. Una sequenza di archetti in stucco completano il coronamento della facciata.

Il portone principale ormai inesistente è sostituito da lamiere, accediamo quindi da una porticina laterale. Raggiungiamo il grande androne centrale coperto da una volta a botte, e da qui iniziamo l’esplorazione dell’orfanotrofio abbandonato. Tutti gli interni sono ormai spogli e gran parte degli infissi interni sono stati asportati. Un cartello datato luglio 1997 lascerebbe supporre una dismissione successiva, ma a dispetto della data colpisce la presenza di una cucina a legna, dei rivestimenti, degli igienici, e infissi la cui fatiscenza sembra essere precedente all’abbandono. Dall’androne una porticina dà accesso al retro dell’edificio dove c’è un piccolo locale adibito a ripostiglio, nel quale sono ammassati vecchi banchetti, qualche coperta e altre suppellettili. Rientrando raggiungiamo il corpo moderno che si rivela essere un enorme stanzone forse adibito a dormitorio, o refettorio.

Ritorniamo al corpo antico e passiamo al piano superiore salendo su quel che resta delle scale dalle quali sono stati trafugati tutti i gradini, che certamente erano in pietra lavica, prestando molta attenzione a non scivolare tenendoci alla ringhiera in ferro, che stranamente era ancora al proprio posto. Raggiunto il piano superiore ci imbattiamo in una enorme stanza dal pavimento in mattonelle di graniglia decorate. In un angolo, una stanzetta con un piano di appoggio in marmo e un wc in una piccola nicchia, il rivestimento è un insieme di vecchie piastrelle e riggiole decorate. Colpisce la mancanza di un lavabo. Certo è che se il luogo era usato fino al 1997, le condizioni igieniche non dovevano essere delle migliori.

C’è poi una seconda stanza più piccola, ma anch’essa vuota, nella quale una porta in legno nasconde una nicchia adibita a piccolo armadio a muro. Accediamo quindi alla terrazza del corpo antico alla quale è collegata la copertura dell’espansione moderna. Da qui una piccola scala a collo d’oca conduce alla terrazza di copertura dove c’è anche il torrino delle scale, rifinito in intonaco rosso con disegno a mattoni e coronato da un giro di archetti in stucco ocra.  Da qui si gode un panorama a 360 gradi tra il golfo di Napoli e il Vesuvio.

 

Andiamo via pensando a tutti i bambini ospitati nella struttura, chissà se in questo giorno hanno mai provato la gioia di ricevere un regalo, una calza con dei dolcetti o anche carbone, proprio come in una vera famiglia.

di Luigi Scarpato
qui l’album completo


Categoria: istituti d’accoglienza
Tipologia: orfanotrofio abbandonato
Stato: rudere, pericolante
Raggiungibilità: a piedi nella natura
Accessibilità: libera
Dintorni: disabitati
Durata della visita: 45 minuti
Aggiornamento: 
gennaio 2013

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