Albergo dei Poveri: gigante assopito in attesa di risveglio


Per i Napoletani si chiama O’ serraglio. Per la storia dell’architettura urbana è il Real Albergo dei Poveri. In sostanza è uno degli edifici monumentali più estesi della città, della regione e d’Europa. Da diversi anni si parla di restituirlo alla cittadinanza e riportarlo in vita, ma, salvo qualche sporadico evento del Napoli Teatro Festival che risale a più di un decennio fa, è da tempo che al pubblico non è concesso di visitarlo, né di sapere, di fatto, in che condizioni versi al suo interno. Un palazzo settecentesco ciclopico per mole ed estensione, che non solo svetta su Piazza Carlo III, ma che domina anche lo scenario di molti panorami che si possono ammirare dall’alto delle colline partenopee, come quello offerto dalla zona del Moiariello.

 

A Napoli è noto a tutti questo mastodontico complesso, realizzato per volere del Re Carlo Sebastiano di Borbone (poi Carlo III) e progettato nel 1749 dal famoso architetto fiorentino Ferdinando Fuga (è a sua firma la celebre residenza reale di Ercolano, Villa Favorita, edificata lungo il Miglio D’Oro). La funzione primaria del palazzo, già iscritta nel nome, era quella di dare asilo e assistenza alle ingenti masse di bisognosi senza dimora o famiglia che affollavano il Regno di Napoli. Da qui – e senz’altro per celebrare con maestosità l’illuminata benevolenza dei regnanti e i pregi del territorio – deriva la scelta di progettare un edificio dalle dimensioni colossali: sulla carta la facciata avrebbe dovuto misurare quasi 600m, nei fatti ci si accontentò di ‘soli’ 360m, ovvero, per intendersi, quasi 100m in più rispetto al lato frontale della Reggia di Caserta. E pensare che la superficie del complesso – oltre i 100.000 metri quadri – costituisce solo un quinto rispetto alle intenzioni iniziali di Fuga e del Re di Napoli!

Dei tre cortili interni, uno è ormai utilizzato come parcheggio, mentre gli altri appaiono per lo più come aree spoglie, con un campo di calcetto in disuso. Dal lato esterno, la scalinata monumentale a doppia rampa, che dà su Piazza Carlo III e rappresenta l’ingresso principale, è chiusa da un cancello.

 

Tra le mura del Real Albergo dei Poveri, l’impresa è orientarsi non solo in un ambiente così vasto, ma anche in un labirinto di 430 stanze, tra passaggi pericolanti o scalinate murate. Come riportano diversi studi storico-architettonici (cfr. Ziviello/D’Arbitrio 1999), in origine gli spazi di questo stratosferico centro d’accoglienza erano suddivisi per età e per genere, allo scopo di evitare situazioni di promiscuità. Vi si svolgevano diverse attività rieducative, di istruzione e formazione al lavoro.

Eppure, le storie popolari raccontano che chi vi trovasse asilo di fatto non potesse più uscirne: di qui l’epiteto serraglio, fino ai giorni nostri utilizzato per spaventare i bambini disobbedienti con la minaccia di clausura. D’altronde, è anche vero che tra i vari istituti ubicati nel perimetro del complesso, tra XIX e XX secolo (una scuola di musica, una scuola per sordomuti, officine meccaniche – cfr. Wikipedia), ci furono anche un centro di rieducazione per minorenni, ossia una sorta di carcere minorile, e un Tribunale per minori di 18 anni.

Il corpo centrale, in tempi recenti, ha conservato anche i documenti civili dell’Archivio di Stato napoletano: le file di scaffali ad oggi ancora contengono numerosi schedari anagrafici e atti matrimoniali, e i corridoi bui pieni di vecchi plichi e carte trasmettono un forte impatto scenografico.

 

Un vero peccato, dunque, che il Serraglio non possa riaprire le porte ai cittadini, offrire i suoi vasti spazi interni e così assolvere alla funzione assistenziale per cui è sorto in epoca borbonica. Dall’inizio del Duemila vanno avanti i tentativi del Comune di completare i lavori di restauro, avviati nell’ala anteriore e poi rallentati da diversi vincoli di natura storico-artistica, nonché dalle condizioni statiche della struttura, messe a rischio soprattutto dopo il terremoto del 1980.

Per le immagini ringraziamo Al.T., nome d’arte di un fotografo e videomaker marchigiano che ce le ha donate, fornendo una testimonianza sullo stato del complesso: “L’ultimo piano è in parte crollato e dunque pericoloso, ma per il resto la struttura è abbastanza solida. Nel corpo centrale l’impatto è incredibile, sembra di stare all’interno del Foro Imperiale: sei totalmente circondato da rovine monumentali”. Una considerazione che inconsapevolmente, e dunque in modo tanto più significativo, fa eco ad un celebre commento di Stendhal, che considerava il Real Albergo dei Poveri “molto più impressionante di quella bomboniera, tanto vantata, che si chiama a Roma Porta del Popolo”.

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