Resta il modus explorandi a noi più gradito e di certo più congeniale alla pratica delle derive: rincorrere una destinazione incerta; lasciarsi sorprendere nel bene o nel male; infine imbattersi in modo inatteso in qualcosa di affine o del tutto diverso. Stavolta, viaggiando in direzione di un ex hotel di montagna, abbiamo avvistato una piccola baita abbandonata in mezzo agli alberi e abbiamo deciso di fare capolino.
Prima (e iniziale) tappa, l’ex hotel: inaugurato negli anni ’50, dopo diverse difficoltà, chiusure e riaperture, fallì per penuria di clienti. In seguito alla dismissione e dopo decenni di abbandono, fino a pochi anni fa ne rimaneva un’orrenda carcassa scarnificata e cadente. Grazie a fondi regionali ed europei (più di 3 milioni) e dopo faticosi dibattiti sulla nuova destinazione d’uso, nel 2015 la vecchia struttura è stata finalmente demolita per cedere il passo a un polo culturale, finalizzato ad attività sociali e di valorizzazione del territorio. Il lieto fine, però, non è giunto: il polifunzionale, nuovo di zecca, risulta tuttora inutilizzato, serrato e internamente spoglio – un’immagine che vanifica progetti, investimenti e prospettive future di quest’area della Comunità montana a cui afferisce il territorio.
Almeno è stato demolito il vecchio albergo, che era ormai divenuto un vero ecomostro in grado di deturpare un paesaggio altrimenti immacolato: quest’area naturale protetta concede una piena immersione nella quiete e nella solitudine extraurbane; l’impatto con l’atmosfera di montagna – ci si immaginerebbe folle di vacanzieri desiderosi di relax o sport invernali – è tanto più immediato e totalizzante se tutt’intorno regnano silenzio assoluto e assoluta desolazione.
Qui, alle quote più alte del parco naturale, la fredda brezza dicembrina irrigidisce notevolmente le temperature. Passeggiando tra rami e foglie agitati dal vento, ci siamo quindi diretti verso la baita abbandonata scorta in precedenza. La casetta si presenta circondata a malapena da una cancellata metallica consunta. Un prepotente fascio di rovi cresce fitto intorno alla facciata e si arrampica lungo la scala esterna, unico accesso ai piani superiori.
I soli ambienti visitabili sono dunque al piano terra, con ingresso sul retro: si tratta degli spazi comuni, con due salottini e una sala da pranzo (al piano superiore, con ogni probabilità, erano ubicate le camere da letto). Tra gli arredamenti originari della baita abbandonata sono disseminati oggetti che tradiscono pernottamenti abusivi, brevi o più lunghi, successivi all’abbandono. Scarpe, bottiglie, lattine vintage ed altri utensili sono stratificazioni di periodi diversi, e richiamano diversi scampoli di vite precedenti. L’insieme è un caos illeggibile, che trasmette un unico messaggio: tra queste mura ogni abitare è giunto all’epilogo.
L’intero villaggio montano, alle soglie della stagione invernale, appare come un deserto privo di presenza umana. Le villette – anche quelle ancora in uso – sono tutte chiuse, ristoranti e agriturismi pure, non c’è traccia di vacanzieri o abitanti stagionali. Tale cornice è l’esito, in verità nient’affatto spiacevole, del mancato rilancio turistico della zona: chi cerca un po’ di pace lontano dal trambusto della città, quassù, non resterà deluso.
Tipologia: ex hotel / baita di montagna
Stato: demolito / in degrado
Raggiungibilità: in auto
Dintorni: vie e sentieri di montagna
Visita: breve
Aggiornamento: dicembre 2021