Due vani e mezzo: la piccola intimità di una casa in pietra


In ogni paese fantasma che si rispetti è normale trovare tracce di vita cristallizzate nelle case che si esplorano: anzi, è forse il motivo principale per il quale l’appassionato si avventura tra rovi e mura crepate in cerca di una porta aperta o di una scala scricchiolante che lo conduca in stanze magari ancora arredate e piene d’oggetti, purché il tempo e la natura non li abbiano ancora inghiottiti: una foto sbiadita, un armadio sfondato, tende stracciate, lampadari ricoperti di ragnatele che con un filo di voce raccontano le consuetudini di chi quelle stanze un tempo le ha vissute. Abitazioni abbandonate però talvolta affiorano anche in zone in cui la vita continua indisturbata tutt’attorno, e di certo non sfuggono all’occhio attento dell’urbexer, tanto più affascinanti quando si palesano per caso, impreviste, e magari nel bel mezzo di un centro abitato! Così, qualche settimana fa, io e Teresa – amica fotografa e compagna di tante esplorazioni – tornavamo da un noto castello campano, e sulla via abbiamo avvistato una piccola casa in pietra, che ha attirato la nostra curiosità.

Il motore della mia auto era l’unico suono udibile tra case e villette d’un paesino sì abitato, ma addormentatosi all’ora di pranzo d’un caldo venerdì di primavera. La casa in pietra si erge al centro d’un piccolo giardino circondato da un muro, un tempo chiuso ai visitatori da una porticina simile a quella d’un pollaio, ormai divelta. Fermo l’auto titubante, ma senza pensarci due volte Teresa scende dalla macchina, avventurandosi per prima verso la misteriosa casupola. La porta, ricoperta da una vecchia tenda anti-mosche, è semiaperta e vedo la mia amica scomparire velocemente oltre l’uscio. Parcheggio l’auto, e dopo poco, vedo riapparire Teresa sorridente che mi fa cenno di raggiungerla. Conosco quello sguardo di eccitazione, dev’esserci qualcosa là dentro! Esco dall’auto e mi ci fiondo anch’io.

 

Eccoci dentro la casa in pietra. L’ingresso dà su una delle due larghe stanze principali: un soggiorno che fu anche cucina e sala da pranzo, con un piccolo bagno che parrebbe ricavato da uno sgabuzzino. Ad eccezione di alcuni elettrodomestici, l’arredamento richiama quello di una casa di campagna dei primi anni ’60 del secolo scorso, con diversi mobili risalenti però a decenni prima. Sulla parete, un calendario: luglio 1993. La cucina mostra i segni del tempo, ma è intatta. Posate, bicchieri, piatti, pentole e scatolame sembrano aspettare il rientro di un proprietario disordinato. Rose finte in un vasetto di vetro decorano casualmente il frigorifero, che al suo interno appare ancora in buono strato, con tanto di bottiglie piene d’acqua. Al centro, un tavolo colmo di oggetti d’ogni tipo, non tutti d’uso comune. A destra, una grande cassettiera di legno, integra ma fortemente segnata dal tempo. A terra, un vecchio televisore a tubo catodico. Capovolto, rotto. Fine delle trasmissioni.

 

Mentre Teresa fotografa ogni dettaglio della prima sala, mi avvicino ai cinque gradini che danno su un piano ammezzato, che appare come una grande stanza da letto. La dimora di una coppia di anziani, mi dico. Le pareti spoglie rivelano un blu fiordaliso, che emerge solo nei punti in cui il parato verde acqua è stracciato e ripiegato su se stesso. Una sottile tenda bianca dona sonnolenza ai raggi solari che timidamente penetrano l’intima penombra della camera. Elementi d’un arredamento vetusto, quasi elegante paragonato allo sciatto soggiorno alle mie spalle, riposano in quella che sembra essere la parte inviolata dell’abitazione: una specchiera, un armadio, una credenza aperta ma perfettamente conservata, completa di piatti e bicchieri, il servizio buono. Eppure in questa stanza manca qualcosa… Superato il terzo gradino, mi accorgo che il pavimento è crollato per metà!

 

Lo squarcio apre la vista su un piano sottostante, una cantina certamente, visibile solo in parte tra le travi che sostengono a malapena i pesanti mobili, rimasti semisospesi nel vuoto. Di sotto, il letto: testiera, rete e materasso giacciono scomposti tra le macerie inerti, accatastati casualmente tra sedie ed altri oggetti, mimetizzati in un suggestivo gioco di luci ed ombre.

Usciamo dopo quasi mezz’ora e dopo un buon numero di scatti ci rimettiamo in marcia verso altri luoghi: postacci adocchiati lungo il percorso all’andata, chiedendoci se troveremo spalancata anche la prossima porta.

di Aged Teen
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Categoria: edifici civili
Tipologia: abitazione abbandonata
Stato: pericolante
Probabile abbandono: 1993
Dintorni: silenziosamente abitati
Accessibilità: libera
Durata della visita: 20-30 minuti
Aggiornamento:
 aprile 2021

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