Il palazzo dell’archeologo… e dei suoi predecessori


ALTRE DERIVE – Dalle Marche ritorno di tanto in tanto in Campania, terra originaria di una parte della mia famiglia, ed è in una di queste visite che ho scoperto il palazzo dell’archeologo. Era la mattina della vigilia di Capodanno, ed ero al Sud da qualche giorno per trascorrere le festività, quando ho deciso di trascorrere il tempo andando alla scoperta di luoghi abbandonati da fotografare: lungo la via mi sono imbattuto in qualche rudere di castelli, prima di raggiungere un piccolo paesino tra i cui confini ho avvistato questo bel palazzo, antico e fatiscente, con metà delle finestre totalmente spalancate ed esposte all’intemperie.

Un accesso laterale aperto mi ha condotto fino sottotetto del palazzo, dove ho trovato spalancata una porta, incorniciata da un muro completamente sgretolato: un primo segnale di cattiva conservazione della struttura. Una volta percorso al buio qualche corridoio, mi sono trovato di fronte a una balconata che dava sul cortile interno del palazzo: da lì sarei potuto finalmente scendere ai piani nobili una volta trovate le scale. Trascinato dalla curiosità, mi sono precipitato verso la mia meta, ma proprio quel pavimento poco prima della balconata, dopo aver fatto i primi due passi, ha improvvisamente ceduto e nel giro di un secondo mi sono ritrovato appeso a metà tra l’ultimo piano e quello sottostante, incastrato nel solaio. Per la serie: non visitate questi posti, sono pericolanti e pericolosi.

 

Con il cuore a mille e riflettendo sulla mia imprudenza, ma trovandomi oramai all’interno dell’edificio, ho deciso di continuare la visita con la massima attenzione. Mi sono aggirato tra le stanze ma a prima vista era tutto vuoto e decrepito, avevo poche speranze di trovare testimonianze degli abitanti di una volta, finché non ho visto, oltre il balcone, una vecchia auto in tutto il suo splendore (!), abbandonata nel cortile interno sopraffatto dalla vegetazione. Si trattava di una Skoda S 100 L, importata in Italia negli anni Settanta.

Raggiunta finalmente l’imponente scalinata, ne ho subito notato le volte e rifiniture e soprattutto un piccolo affresco raffigurante la Madonna. Diversi dettagli lasciavano credere che si trattasse di un palazzo appartenuto a una famiglia di nobili origini. Al primo piano ecco dei segni della vita precedente: un quadro di un cane, un poster, dei calendari, una raffinata carta da parati. In altre stanze, finalmente, anche dei volti: fotografie di chi abitò il palazzo, sparse sopra ad una scrivania insieme a un busto di donna in porcellana.

 

Quindi i miei occhi sono finiti su una serie di pagine di giornale incorniciate e attaccate al muro: notizie e notizie di scoperte archeologiche, verosimilmente fatte dall’ultimo proprietario della villa nel corso degli anni Novanta. Di qui l’idea di trovarmi in quello che ho definito il palazzo dell’archeologo. Un professionista che scopriva oggetti e resti di epoche antiche, ed ecco che oggi io mi trovavo a riscoprire la sua stessa dimora (chissà che un giorno qualcuno non si troverà a esplorare la mia, una volta disabitata?).

Da amante di affreschi e delle decorazioni, sono andato in cerca di un salotto, studio o camera privata, e dopo qualche passo sono stato accontentato: in una stanza, un dipinto raffigurante angioletti con occhi a palla neri e una musa che leggiadra fluttua accanto a loro. Non avrei saputo datare lo stile e l’origine della pittura, ma dopo alcune ricerche svolte successivamente ho scoperto che l’edificio risale alla seconda metà dell’Ottocento, forse il periodo che più mi attrae per quanto riguarda la cultura e l’arte. Gli oggetti che ho osservato nella casa testimoniano, invece, il sovrapporsi di gusti e momenti storici, ovvero il susseguirsi dei proprietari: dai libri conservati alle carte da parati (una dai motivi orientaleggianti!), le stanze sembravano tutte diverse, quasi fosse un puzzle composto di tasselli appartenenti ad epoche tra loro distanti.

 

L’ultima camera è stata per me la più significativa, un gran finale: quasi con l’aria annoiata dai tanti anni di abbandono, solitudine e silenzio, mi attendevano i volti in bianco e nero dei ‘conti baffoni’ del palazzo dell’archeologo: a ben guardare, uno dei personaggi delle foto somigliava non poco a Carlo Verdone. Anche in questa stanza, la carta da parati rivelava un gusto differente: non più color marmo, ma blu verde e rossa. Ho presto notato scaffali pieni di libri sulla guerra, mentre sopra un mobiletto erano esibite coppe, medaglie all’onore e… infine la perla: un manufatto in vetro policromo realizzato da un mastro vetraio di Venezia, dedicato al ricordo del primo proprietario del palazzo, che nel lontano 1895 fu il sindaco di questo piccolo paese campano (l’oggetto non è presente in foto).

Altri oggetti e indizi rivelano i successivi abitanti della casa: un componente dell’Arma dei carabinieri Reali, di cui vi è l’attestato di promozione a grado di Maresciallo d’Alloggio Capo; un conte, nato nel 1907, a cui fu conferita una medaglia al valore militare per spirito di sacrificio nel 1951 e nel 1960 la nomina a Cavaliere da parte del Presidente della Repubblica. Infine, gli indizi lasciano credere che l’ultimo proprietario sia stato colui per il quale, per necessità di sintesi, ho chiamato questa dimora nobiliare il palazzo dell’archeologo.

di Il piccolo urbexer
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Tipologia: palazzo nobiliare
Stato: abbandonato, pericolante
Accessibilità: senza interdizioni
Aggiornamento: dicembre 2022

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