Partiamo dalla fine: l’ex base NATO di Montevergine è stata operativa per poco più di vent’anni, dal 1966 al 1987, anno della definitiva dismissione per ragioni strategiche. Gestito dalla U.S. Air Force in Europe, questo sito militare era parte di una rete di circa 50 basi americane su suolo europeo e occupava una posizione ideale grazie all’altitudine e all’isolamento dei Monti del Partenio, che garantivano insieme massima segretezza e piena visuale su gran parte della regione campana.
Sono passati quindi altri vent’anni esatti prima che l’intero US Navy Communication Receiver Site, una vasta superficie in cima ad un’altura, su cui erano collocate enormi e potenti apparecchiature di ricetrasmissione radio, venisse completamente smantellato e demolito. La tecnologia adoperata, poi divenuta obsoleta, era chiamata troposcatter (tropospheric scatter), nient’altro che un sistema di telecomunicazione tramite segnali radio a microonde, che si propagano sfruttando il fenomeno della dispersione troposferica.
Dunque, due decenni più tardi dalla dismissione, ovvero nel 2007, furono rimossi “nove edifici, quattro antenne troposcatter, un serbatoio d’acqua in cemento armato, serbatoi di gasolio interrati, tutti gli impianti di servizi, i sistemi di illuminazione perimetrali e tutte le recinzioni all’interno della recinzione perimetrale”. Il cosiddetto Montevergine Demolition Project è stato messo in atto allo scopo di demolire, stoccare e smaltire le apparecchiature rimosse, a seguito di accurati test sulla presenza di materiali pericolosi e procedendo infine a bonificare tutta l’area.
Oggi non ne resta che la vasta distesa d’asfalto completamente sgombra.
Sono molteplici i punti oscuri relativi a questa base militare. Anni fa è circolata la voce, giunta persino da Giancarlo Magalli su Rai2, di presunti avvistamenti UFO, per l’appunto nei pressi della base NATO di Montevergine. Alcuni video su YouTube mostrerebbero i solchi delle astronavi lasciati sul manto erboso della montagna. Un quotidiano locale riportava, nel 2015, addirittura la notizia che la zona militare fosse una copertura per nascondere un alieno tenuto in cattività.
Noi schiviamo senza indugi simili sensazionalismi e, come sempre, bypassiamo i discorsi sul paranormale. Ci chiediamo piuttosto come mai, quando siamo giunti poco più in alto rispetto alla stazione radio smantellata, per vedere un piccolo edificio diroccato ma rimasto in piedi, siamo stati respinti in modo aggressivo da due ambigui figuri in tuta da ginnastica, che, fumando e ascoltando musica, si sono identificati goffamente e non senza contraddizioni come agenti delle forze dell’ordine.
Per evitare guai, siamo andati via senza repliche e tornati leggermente più a valle. Tra gli alberi e la natura selvaggia restano in piedi alcune casupole: qui erano probabilmente collocati uffici e spazi comuni di ritrovo, poiché sappiamo, grazie a una minuziosa ricostruzione riportata sul sito Spazi@Rendere, che i circa 100 militari NATO del 2181° Communication Squadron alloggiavano in dormitori collocati nel perimetro della base oramai smantellata.
Se è vero che le antenne troposcatter sono state rimosse e che il sito della base è ad oggi una piana svuotata, alle spalle di questi rozzi edifici in pietra posti più in basso è possibile raggiungere alcuni sentieri boschivi, di non facile attraversamento, che s’inerpicano verso la cima di un’altura speculare a quella su cui era ubicato il corpo centrale della base NATO di Montevergine. Con un po’ di fatica li abbiamo scalati, tra segnali di pericolo di morte sui tralicci degli impianti elettrici, e vecchi cartelli che segnalavano la presenza di una zona militare. Giunti sulla sommità, accanto alla stazione di una emittente televisiva nazionale (le cui titaniche antenne sono all’apparenza ancora funzionanti), abbiamo ritrovato apparecchiature trasmittenti divelte, dalla forma circolare simile a quella di un radar, che potrebbero essere ‘sorelle’ di quelle rimosse dalla base principale.
Lasciando a Fox Mulder gli eventuali x-files e le storie di alieni, che, ci si voglia credere o meno, non sono realmente rilevanti, la base NATO di Montevergine ancora oggi solleva diverse controversie. I ‘misteri’ irrisolti, legati alle condizioni di segretezza militare di questo luogo, un corpo estraneo nel cuore dell’Irpinia, restano in parte tangibili nell’unica opera architettonica rimasta quasi completamente intatta, una rete di tunnel sotterranei posta al di sotto dell’ex base. Concepiti probabilmente come bunker protettivi in caso di attacco sovietico durante la Guerra Fredda, i tunnel potrebbero in tal senso essere parte della cosiddetta Operazione Gladio di Stay Behind, un capitolo ancora poco chiaro della storia di questa postazione NATO (sull’argomento rimandiamo ad un articolo di OrticaLab).
Al nostro passaggio, il portone metallico che dà accesso al tunnel era aperto. Ci siamo avventurati al suo interno, non senza qualche timore relativo ai materiali tossici, oltre al rischio di smarrirci in un labirinto completamente buio (e sconsigliato ai claustrofobici!). Lo abbiamo percorso fino al portone dall’altro lato della montagna, anch’esso aperto. Privi di qualsiasi equipaggiamento e finanche di una torcia, abbiamo scattato qualche foto alla meglio con il flash, tralasciando diverse deviazioni che di certo conducevano verso angoli inesplorati, ma che avrebbero aumentato in modo significativo la probabilità di perdere la via d’uscita. Sottoterra l’aria è pesante, l’ossigeno scarseggia, dunque ci siamo accontentati di questo primo giro, rimandando eventualmente alla prossima occasione un’esplorazione più accurata.
Tipologia: base NATO
Stato: in gran parte smantellata
Zona: Irpinia
Dintorni: natura
Durata della visita: 3-4 ore
Aggiornamento: giugno 2019