La messa è finita, ma lo è da più di vent’anni per una antica chiesa abbandonata che, vista da fuori, quasi passerebbe inosservata.
La prima volta (2018) che abbiamo incrociato questa chiesetta di provincia, sul cancello ben chiuso da un catenaccio era ancora affisso l’annuncio della funzione domenicale: il messaggio, però, rimandava mestamente a diversi anni addietro. Al secondo passaggio (2021) abbiamo trovato il cancelletto esterno appena socchiuso e la catena del portone forzata, così abbiamo deciso di gettare un occhio all’interno. Per fortuna, a tirar via i catenacci non erano stati sciacalli, bensì probabilmente qualche fotografo che, a differenza nostra, non si lascia intimorire dalle porte serrate a chiave. Dentro la chiesa, infatti, tutto o quasi è ancora al suo posto, anche se ricoperto da sporcizia e detriti, esito di un paio di decadi di abbandono.
Rispetto alla sobria essenzialità dell’esterno, con la facciata a quattro lesene e la muratura in tufo, l’interno cattura subito lo sguardo. Mettendo piede nella navata unica di cui si compone la chiesa, si nota la volta a botte decorata con stucchi geometrici, che giungono fino alle pareti laterali. Sui lati si susseguono nicchie appena accennate, con archi a tutto sesto: l’uno di fronte all’altro, sono sopravvissuti sia il pulpito sia il confessionale, entrambi in legno. In un’altra nicchia c’è un altarino che riporta la dedica: “A devozione degli americani – 1925“. La navata termina con l’altare principale in marmo policromo, risalente alla fine dell’Ottocento, alle cui spalle spicca un’edicola in stile rinascimentale, sovrastata dalla decorazione raffigurante un sole dorato.
A catturare l’attenzione, però, è la permanenza di strumenti e arredamenti utilizzati durante i riti religiosi: candelabri, fasce, la candeliera delle offerte, e in particolare i paramenti liturgici e i due organi (per la precisione: un organo a canne e uno a pompa, o harmonium), residui ancora tangibili delle funzioni domenicali d’un tempo. Così ricoperti di ragnatele e polvere, producono un effetto straniante, accentuando la sensazione di fine e di assenza.
Ma la vera sorpresa è ‘dietro le quinte’, ovvero nella sagrestia e nella canonica. Nelle sale private, infatti, facendosi strada tra ulteriori vesti ecclesiastiche, oggetti e addobbi sacri, si finisce in una stanzetta del tutto spoglia: qui riposa, sopra una mensola, un piccolo teschio senza nome e identità. Il cranio è certamente quello di un bambino, ma è impossibile dedurre per quanto tempo e per quali ragioni sia stato conservato sul retro della chiesa. Non ha nulla di cupo o di inquietante, ha piuttosto l’aspetto sacro di una reliquia, ormai profanata dal destino di abbandono e solitudine a cui è andata incontro.
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L’edificio stesso è di difficile datazione: fonti non concordi lo collocano tra il XIII e il XV secolo, il che vorrebbe dire che ha sulle spalle un’età compresa tra i 600 e gli 800 anni. Il peso del tempo potrebbe finanche aumentare e raggiungere i 1200 anni, se si considera che alcuni documenti storici riportano la nascita del borgo circostante con il nome di ‘podere santo’, proprio perché sorto intorno al nucleo della chiesa nel lontano IX secolo (è plausibile, però, che nello stesso punto si trovasse un edificio preesistente). In tal caso, l’origine di questo luogo sacro sarebbe più che millenaria!
Dopo circa vent’anni di incuria, l’aspetto complessivo di questa antica chiesa abbandonata è avvolto in quel velo di fascinoso disfacimento che ancora non ha raggiunto il triste grado di scarnificazione e desolazione. Gli oggetti che conserva, e quel teschio lasciato su una mensola, la rendono di fatto unica tra le chiese abbandonate in Campania.
Tipologia: chiesa abbandonata
Stato: incuria
Durata: 30 minuti
Aggiornamento: settembre 2021