La scelta, sempre più diffusa, di evitare le mete del turismo di massa, quel particolare desiderio di spazi altri e inesplorati, sono sintomi di un bisogno di scoperta autonoma, e di un rapporto diretto e quasi privato con un luogo: in partenza, non mediato dal traffico di informazioni preconfezionate; all’arrivo sul posto, non diviso con folle di visitatori-consumatori. Ma, negli ultimi anni, anche questo immaginario è stato ricodificato e impacchettato sotto forma di prodotto: il concetto di paese fantasma è ormai stereotipo, il web trabocca di siti che promuovono cataloghi dei “Dieci paesi abbandonati più suggestivi” d’Italia o del mondo. In Campania, da Apice a Romagnano, la fascia geografica che comprende borghi disastrati ed evacuati a causa di fenomeni sismici potrebbe disegnare il tragitto di un tour ormai inflazionato. Accanto a questi, esiste però una sfilza di piccoli centri prossimi al declino, o parzialmente diroccati e abbandonati, perché piegati (ma non abbattuti) da un terremoto o, spesso, perché svuotati dagli esodi dei giovani diretti verso le città. Tra questi antichi borghi campani, che conservano all’interno dei propri confini centri storici in decadenza, c’è il comune di Fontegreca.
In precedenza insediamento sannitico, poi longobardo, in epoca normanna il borgo recava il nome di Fossaceca, secondo alcune fonti per via della particolare posizione, celata dalle rocce dell’altura su cui era sorto. Quel che è certo è che il toponimo si associa a Guglielmo di Fossaceca, discendente di re Ruggero I, che ne fu feudatario. Soltanto dopo l’Unità d’Italia fu adottato il nome Fontegreca, in parte ispirato dalla presenza di una vicina sorgente naturale, in parte dalla scoperta di documenti storici che menzionavano la località con il nome di Fossa Graeca. Nel corso del Novecento divenne provincia di Campobasso, prima di essere restituita alla provincia casertana dopo il 1945.
Oggi il comune conta meno di 800 abitanti, e sembrerebbe destinato a spopolarsi ulteriormente, se non fosse per l’incantevole cipresseta, una vicina area naturale attraversata da gelide, splendide cascate. Eppure, Fontegreca nasconde un centro storico dai contorni fiabeschi o letterari: la pianta urbana, sviluppandosi in pendenza sul crinale di una collina, s’intreccia in un dedalo di vicoletti e scalinate, alcune ricoperte di vegetazione, altre talmente strette che discenderle mette alla prova l’equilibrio. L’insieme è un intricato groviglio di linee e gradini entro cui è facile perdersi, come ci si perderebbe tra le geometrie irregolari di un disegno di Escher.
In alto, sul corso principale, alcuni palazzi antichi, chiusi e abbandonati, hanno tutta l’aria dei testimoni di un passato glorioso. Aspettano, forse invano, di ottenere una seconda vita, richiamando potenziali acquirenti con sbiaditi cartelli vendesi attaccati alle porte consunte. Lasciando il tratto pianeggiante e inoltrandosi nella fitta selva di casette arrampicate sul crinale, si scoprono poche dimore ancora abitate, e molti edifici più o meno gravemente erosi dal tempo. Tra quelli abbandonati, alcuni sono vuoti e accessibili, altri ben chiusi e riadattati a depositi. Una casa, ancora arredata ma maleodorante e marcia, ha la porta d’ingresso aperta, e ci siamo entrati per dare un’occhiata, prima di lasciare questo fianco ormai sguarnito di Fontegreca.
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Tipologia: paese parzialmente abbandonato
Stato: case diroccate
Zona: provincia di Caserta
Raggiungibilità: agevole in auto
Dintorni: poco abitati
Visita: può essere stancante
Durata: 45 minuti
Aggiornamento: agosto 2020