Il villaggio fantasma che ospitava i richiedenti asilo


Dentro la città di Napoli, immerso nella natura e lontano dal caos urbano, c’è un piccolo villaggio fantasma. Ammesso che qualcuno per qualche ragione si spingesse fin qui, troverebbe un cancello aperto e un sentiero sterrato che discende verso valle, inerpicandosi tra gli alberi. E ammesso che ci si decidesse ad avventurarsi lungo il percorso, dopo una curva e oltre una staccionata ci si troverebbe innanzi a una serie di casette in fila: un microcosmo isolato nel verde, in cui regnano silenzio e desolazione. A prima vista le villette a schiera, tutte dipinte di colori intensi, trasmettono all’avventore l’impressione di trovarsi in un ex residence turistico. Ma poi, a guardar bene tra ciò che rimane all’interno degli edifici, si scopre che si tratta di un centro d’accoglienza abbandonato.

Quella che oggi è un’area edificata fatta di soli cocci, frantumi, e oggetti sparsi alla rinfusa, in verità fino a una decina d’anni fa era effettivamente parte di un immenso complesso turistico di lusso, dotato di hotel, sale convegni, ristorante con piscina e appartamenti privati. Questa, in particolare, era una sezione separata composta di villette-bilocali, probabilmente pensate per creare un’atmosfera da villaggio vacanze.

Dopo la dismissione, il complesso edilizio è stato riutilizzato con funzioni simili ma finalità rovesciate: è divenuto la sede di un’associazione culturale no profit, nonché uno spazio recuperato per offrire accoglienza, aiuto e alloggio ai richiedenti asilo politico.

 

I primi (e definitivi) indizi li abbiamo trovati dentro una sorta di bungalow di legno, attirati da un inequivocabile segnale UFFICIO – bisogna dire che la freccia un po’ inclinata, insieme ai lampioni spenti e ricoperti di muffa, intensifica l’atmosfera ‘apocalittica’ di questo villaggio fantasma. All’interno tutto è in disordine e degrado, sebbene l’area sia stata abbandonata da meno di tre anni. Sfogliando un po’ le carte sul banchetto, abbiamo scoperto che l’associazione è stata attiva tra il 2016 e il 2019, organizzava o promuoveva eventi a scopo umanitario e radunava diversi volontari pronti a dare una mano a chi ne avesse bisogno. Tra le carte spuntano diversi foglietti scritti a mano recanti frasi di incoraggiamento all’aiuto reciproco, e sopra il banco è appeso al muro una sorta di totem che raccoglie messaggi di pace.

Ovunque nell’ex centro d’accoglienza abbandonato è evidente il passaggio di ladri e sciacalli di vario genere. Solo alcuni oggetti d’uso quotidiano, visto il basso valore di rivendita, sono stati risparmiati e lasciati al loro posto. Che strana storia è questa, fatta di sovrapposizioni e contrasti: un complesso orientato al turismo di lusso è divenuto un asilo a scopo sociale e umanitario, infine mera zona di caccia e bottino per malviventi.

Le variopinte villette a schiera sono pressoché identiche: disposte su vari livelli, per lo più offrono alloggi di due vani con cucina-soggiorno e stanza da letto. Nulla di speciale, ormai: le tracce di furti e vandalismi accrescono l’immagine di degrado e vuoto abitativo dovuta all’abbandono. Solo più in basso, dietro una macchia boschiva, si trova un edificio dissimile e più intatto, ma soprattutto preceduto all’esterno da un’insolita scultura in pietra raffigurante una figura femminile in posa ieratica: ultima parvenza umana in questo villaggio deserto.


Ultime tre foto © Ettore Tafuri – Altre foto di Derive Suburbane a questo link

Categoria: complessi edilizi
Tipologia: centro d’accoglienza abbandonato
Stato: abbandonato, razziato
Dintorni: natura
Durata della visita: 60 minuti
Aggiornamento:
febbraio 2022

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