Bellezza e decadenza: la villetta fantasma con vista mare


Gettando lo sguardo verso uno splendido crinale che cade in picchiata sul mare, sia da monte sia da valle si scorge su uno spuntone il profilo di una residenza ottocentesca. Percorrendo stretti e ripidi gradini che s’inerpicano lungo il pendio e s’immergono tra ulivi selvatici, si giunge infine alla scalinata d’accesso alla casa, che avrebbe in verità qualcosa di tetro, se solo si fosse prossimi all’imbrunire. Si aggiunga che la dimora è anche definita da alcuni come villa dei pipistrelli, e non è una mera diceria, visto che un incontro ravvicinato con un esemplare di questi mammiferi notturni ci è effettivamente capitato tra le stanze buie della villa abbandonata.

 

Il palazzo, costruito verosimilmente ad inizio Ottocento, presenta una forma squadrata e si sviluppa su tre livelli, a cui si aggiungono ampi ambienti sotterranei, usati per l’attività agricola, e un particolare sottotetto a volte, incredibilmente basso ed essenziale, rassomigliante in qualche modo ad antichi scavi rupestri. L’elemento di spicco è il loggiato dell’ultimo piano, i cui finestroni a vetri affacciano direttamente sulla costa, offrendo un panorama unico. Per il resto, gli interni come gli esterni rivelano criteri architettonici di semplicità e sobrietà che ‘asciugano’ l’eleganza dell’edificio. In un certo senso, questa ambivalenza si sposa con la doppia funzione della dimora nobiliare, che ai piani bassi ospitava anche i contadini che vi lavoravano.

Quello che rimane di questa residenza ottocentesca, immersa nella macchia mediterranea della Campania, sembrerebbe legato alla storia di due famiglie locali che l’hanno abitata: l’una, un casato di marchesi dalla rilevante influenza politica e distinti da un’attività imprenditoriale nel settore della seta e del legname; l’altra, una famiglia di ricchi commercianti ma di origini contadine, alla quale alcuni studi attribuiscono la fondazione del palazzo, spiegandone così l’aspetto sobrio e funzionale.

Tra gli abitanti della zona si è invece consolidata la convinzione, smentita dalle ricostruzioni degli studiosi, che i proprietari della villa fossero produttori di pasta. Esattamente quello che ci ha raccontato a voce, davanti ad un caffè, una simpatica signora che vive a pochi metri di distanza. Ha aggiunto che nel primo Novecento i proprietari, da scaltri commercianti, nascondevano nella dimora oro ed altri preziosi provenienti dal porto, prima di smistarli e rivenderli altrove. Neanche a dirlo, la sua narrazione non coincide affatto con la versione accademica, o meglio ne sovrappone le vicende nella cornice di un’unica famiglia.

La donna ci ha raccontato che in quella casa lavorava e viveva suo nonno, coltivando le terre circostanti. Tra varie vicissitudini e fasi di abbandono del bene immobiliare, avrebbe potuto con un piccolo investimento assicurarsi parte della proprietà. Oggi, invece, a quanto pare gli eredi si contendono i diritti sull’immobile, che per tali ragioni è rimasto a lungo sottoposto all’incuria e alle razzie degli sciacalli. Si voglia credere agli accurati studi di un ricercatore, o all’esperienza diretta di un’abitante del posto, ciò che è innegabile è il fascino di questa residenza ottocentesca, in parte logorato dal tempo, in parte cristallizzato tra le forme in declino dell’edificio.


[Molte altre foto sono in un album Facebook a questo link]

Categoria: villa abbandonata
Tipologia: dimora rurale
Stato: molto pericolante
Raggiungibilità: su scale
Accessibilità: libera
Dintorni: appezzamenti agricoli
Visita: sconsigliata
Aggiornamento: ottobre 2020

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