A Eusapia, una delle immaginarie Città invisibili di Calvino, “gli abitanti hanno costruito una copia identica della loro città sottoterra”, sinché la metà sovrastante “ha preso a copiare la sua copia sotterranea”. Non doveva essere mera fantasia quella che ha ispirato Italo Calvino, se è vero che a Napoli, tra le cavità del sottosuolo, si dipana nell’ombra una vera e propria rete urbana, fatta di cunicoli, ipogei, tunnel, catacombe: costruzioni che rimandano all’antichità classica, e che sembrano tracciare le rotte segrete della metropoli visibile alla luce del sole.
Crypta neapolitana
Risalgono infatti all’epoca romana diversi lavori ingegneristici, compiuti allo scopo di ricavare passaggi, siti estrattivi o acquedotti dalle rocce di tufo, pietra caratteristica del territorio partenopeo. Lunghe centinaia di metri, le gallerie presentano sovente forme che ricordano quelle di primitive cattedrali. Tra le opere di architettura sub-terrestre, la più nota a Napoli è certamente la Grotta di Seiano, che conduce verso lo spettacolare Parco archeologico del Pausilypon. Meno rinomate, ma non per questo meno affascinanti, sono le grotte di via Posillipo. Al reticolo di tunnel scavati nella collina posillipina si aggiunge una terza opera, la Crypta neapolitana, che misura più di 700 metri e fu realizzata nel I secolo a. C. a scopi militari, per collegare Neapolis e Puteoli.
Nella pianta urbanistica odierna, la Crypta neapolitana congiunge le zone di Piedigrotta e Fuorigrotta, che traggono il toponimo proprio dalle rispettive posizioni rispetto alla grotta che le unisce.
Via della Grotta Vecchia
L’accesso di Fuorigrotta è di certo quello meno conosciuto. Al termine di via della Grotta Vecchia, contornata da palazzi residenziali moderni, si apre l’alta fenditura di una cava che già Seneca, nelle Epistulae morales ad Lucilium (62-65 d. C.), definiva come un carcere fosco e polveroso, quando ancora il passaggio era in uso. Infatti, se è vero che la Crypta perse la propria importanza strategica, una volta decadute le finalità militari continuò a funzionare a lungo, nei secoli, come infrastruttura civile di transito (cfr. Wikipedia).
Ebbene, se agli occhi di Seneca la grotta appariva come buia e ricoperta di polvere, dovrebbe vederla oggi, cupa e abbandonata, con le ragnatele che ricoprono vecchi chioschetti dell’ATAN in prossimità dell’ingresso (va detto: esercitano un fascino vintage non indifferente!). Ad oggi, in ogni caso, nessun cittadino ha la licenza di attraversare questa galleria romana, che risulta chiusa da cancelli su entrambi i lati. Sul versante fuorigrottese, ho incrociato un anziano signore, intento generosamente a ripulire il vicolo, che mi ha raccontato di essere stato custode di questo sito, finché gli enti locali non hanno serrato gli accessi, impossessandosi delle chiavi e, di fatto, lasciando l’opera archeologica in totale disuso, motivato anche da un crollo al suo interno.
Parco Vergiliano a Piedigrotta
Per raggiungere l’altro capo della Crypta neapolitana, dunque, occorre circumnavigarla seguendo le vie esterne della città. Raggiunto il Parco Vergiliano, che ospita un monumento funebre dedicato a Leopardi e la presunta tomba di Virgilio, in cima si scopre un’ulteriore entrata del tunnel, speculare alla precedente. Un’iscrizione all’ingresso della grotta è dedicata a Bruno Risparella, direttore dei lavori di abbassamento del piano di calpestio, voluti nel 1455 dal re di Napoli Alfonso V d’Aragona per rendere il suolo meno ripido. Più in alto, l’immagine sacra ancora visibile nella roccia, e raffigurante la Madonna di Piedigrotta, dovrebbe riallacciarsi al culto della Madonna di Odigitria, la cui iconografia è particolarmente diffusa nell’arte bizantina.
Sembrerebbe che una lettera di Boccaccio accerti già a quel tempo i riti di devozione per la Madonna di Piedigrotta; d’altronde, questa cava è stata fin dalle origini luogo di culto, con rituali misterici dedicati a Priapo, Afrodite, Mitra e Apollo. Molteplici credenze e leggende alimentano l’alone mistico della Crypta: si riteneva che chi lo attraversasse rischiasse il maleficio o, al contrario, trovasse la benedizione qualora riuscisse a fuoriuscirne indenne.
Nel racconto di Calvino sopra citato, si era omesso un passaggio significativo: “In realtà sarebbero stati i morti a costruire l’Eusapia di sopra a somiglianza della loro città. Dicono che nelle due città gemelle non ci sia più modo di sapere quali sono i vivi e quali i morti.” Tra le parole di Calvino si coglie quell’intimo intreccio tra aldilà e aldiquà, che le città edificate dagli uomini portano iscritto tra le proprie mura. Una riflessione che integra il valore simbolico attribuito in passato alla Crypta neapolitana: l’antro era insieme metafora uterina e sepolcrale, dunque spazio liminale tra vita e morte.
Tomba di Virgilio
Non stupisce, in questo senso, che esattamente sopra la cava sia collocato un colombario che si ritiene ospitare la sepoltura di Virgilio. La stretta scalinata ricavata nel tufo è anch’essa, ad oggi, fuori uso, ma non sembra pericolante e conduce direttamente all’interno della tomba. Un’iscrizione annuncia la presenza del poeta: Qui cineres? Tumuli haec vestigia – conditur olim / ille hic qui cecinit pascua, rura, duces. Lasciamo da parte la credenza, incredibilmente radicata fino all’epoca angioina, secondo la quale proprio Virgilio, con poteri non umani, avrebbe da solo e in una sola notte realizzato gli scavi della grotta.
Acquedotto romano
Ma non è finita. Parallelo alla Crypta neapolitana, qualche metro più in alto, corre un angusto cunicolo appartenente all’antico acquedotto romano, anch’esso oggi lasciato all’incuria. Preceduto da un’insegna a caratteri fascisti, il tunnel in cocciopesto si riapre dopo pochi metri su un terrazzino ricavato nella pietra, e mostra un dipinto rupestre forse legato anch’esso ai culti misterici tenuti nella cava. Quindi si inabissa di nuovo nelle profondità della roccia, e da questo punto risulta impercorribile senza dover strisciare a quattro zampe: mi sono limitato ad avanzare di qualche metro e a scattare una foto.
La Crypta ospitava, in epoca romana, bagni termali e pozzi: l’acqua era alimentata proprio tramite questo condotto, che attingeva direttamente all’acquedotto del Serino , mastodontica opera augustea di 96km, che terminava nella Piscina mirabilis di Miseno.
Sul lato opposto, e stavolta più in basso rispetto alla Crypta, si scorge un’enorme apertura sotterranea, probabilmente parte di un ulteriore sistema di passaggi nel sottosuolo (in questo album sono raccolte alcune foto, insieme a numerose immagini aggiuntive del tunnel e del parco).
L’insieme delle grotte e delle gallerie, scavate nei secoli dai popoli di questa regione, compone così la fitta planimetria di una città occulta, celata al sole e alla vista, che si dirama sotto i piedi dei napoletani. E attraversa, parallelamente, il sottosuolo dell’antichissima zona flegrea, anch’essa narrata da Virgilio, che nei pressi di Cuma collocava il misterioso Antro della Sibilla.
Tipologia: galleria e acquedotto
Stato: discreta conservazione, poca manutenzione
Zona: Mergellina/Fuorigrotta
Accessibilità: non accessibili
Durata: 60-90 minuti
Aggiornamento: ottobre 2020