La Piscina mirabilis non è un luogo abbandonato (è affidata, ‘alla buona’, alla custodia di un privato) e non potremmo definirla una scoperta ‘esplorativa’, dal momento che, stando ai dati ufficiali, vanta migliaia di visite annuali. Allo stesso tempo, però, non si può dire che rientri nelle più comuni rotte turistiche, né si può annoverare tra i monumenti della Campania più noti tra gli stessi campani. Quel che è certo è che un’opera architettonica del genere, che risale all’età augustea (i decenni intorno alla nascita di Cristo), meriterebbe maggiore attenzione e cura: si tratta della più ampia cisterna mai realizzata dagli antichi romani, e allo stesso tempo era il terminale del più lungo acquedotto costruito in epoca classica e fino alle soglie del Medioevo. La rete idrica si estendeva infatti per quasi 100km: giungeva a Bacoli partendo fin dalle sorgenti del monte Serino, in Irpinia (fare click qui per leggere di una ‘stazione’ abbandonata dell’acquedotto).
La lunghezza di questa cavità sotterranea a pianta rettangolare è di circa 70 metri, l’altezza di 15, la larghezza di 25. La struttura è sorretta da 48 pilastri cruciformi, che s’intrecciano in volte a botte, ed è areata e illuminata grazie alla presenza di finestrelle poste lungo il soffitto. L’ambiente è diviso in due dalla tipica «piscina limara», un solco utile a convogliare l’acqua per la decantazione, la pulizia e lo scarico. La capienza complessiva della cisterna supera i 12 mila metri cubi: attraverso appositi portelli l’acqua veniva trasportata in superficie con l’aiuto di strumenti meccanici e idraulici, quindi canalizzata e distribuita.
La ‘piscina’ è scavata nel tufo, una roccia porosa di per sé non ideale per il contatto con l’acqua, ma la particolare lavorazione in ‘cocciopesto’ garantisce impermeabilità alla pavimentazione e alla muratura, realizzata con la tecnica dell’opus reticulatum.
Come terminale dell’immenso acquedotto romano, la Piscina mirabilis serviva a rifornire d’acqua i marinai e le navi che attraccavano nel porto di Miseno, in particolare la flotta dell’Impero Romano. Secondo altre fonti, l’acqua era destinata alle ville di Bacoli.
Iscrizioni più o meno antiche disegnate sui pilastri della cisterna includono figure stilizzate e raffigurazioni, ma non mancano ‘firme’ ed altre tracce lasciate da personaggi illustri che nel corso dei secoli sono passati per questo sito archeologico. Qua e là si notano, invece, scritte meno illustri (anche per contenuti) e decisamente più recenti, opera di visitatori irrispettosi del valore storico della struttura, che approfittano dello scarso controllo per divertirsi a imbrattare un monumento così prezioso. Chissà che un giorno non saranno guardate anch’esse come iscrizioni antiche?
L’architettura a navate conferisce all’ambiente la solennità e la sacralità di una chiesa, tanto che sembra di visitare un reperto archeologico con funzione religiosa. Di certo si può ritenere ‘sacro’ il compito di questa cavità scavata magistralmente nel tufo, dal momento che rappresentava il capolinea di una mastodontica rete idrica e ne convogliava tutta l’acqua, proveniente da pure sorgenti montane, pronta per essere distribuita alla popolazione.
Altre foto sono sulla nostra pagina Facebook.
Non troppo lontano da qui, sul territorio archeologico di Cuma, ulteriori opere di scavo romane attraversano il sottosuolo di un’antichissima acropoli greca, avvolti nei misteri della mitologia antica e dell’epica virgiliana: l’Antro della Sibilla e la crypta romana.
Tipologia: cisterna di acquedotto
Stato: discreta conservazione, poca manutenzione
Zona: Bacoli
Raggiungibilità: strade trafficate
Dintorni: popolosi
Visita: su appuntamento
Durata: 30 minuti
Aggiornamento: marzo 2019