Tra i fossili dell’estinta ferrovia Sicignano-Lagonegro, storica linea ottocentesca dall’esistenza centenaria, avevamo già visitato l’ex stazione di Pertosa, nascosta nella vegetazione lungo un sentiero di trekking che, di fatto, ripercorre i binari di quella strada ferrata lunga 78km e realizzata per collegare Campania e Lucania. Stavolta abbiamo fotografato la vicina stazione di Petina, che oltre alla posizione e allo stato di abbandono e degrado presenta ulteriori analogie: anch’essa ormai affondata tra rovi e piante, lascia ancora spiccare quell’insegna dal font primonovecentesco che è del tutto simile alla scritta che annuncia la stazione di Pertosa. Entrambe condividono la stessa sorte: la soppressione, sul finire degli anni Ottanta, coincisa con la sospensione della tratta Sicignano-Lagonegro.
Un portale dedicato alle ferrovie, incluse le antiche stazioni dismesse, testimonia le diverse fasi di decadimento della stazione di Petina (cfr. Lestradeferrate.it). Fino a una decina d’anni fa erano ancora raggiungibili i binari, posti dall’altro lato rispetto alla strada: ad oggi lo sbarramento boschivo è invalicabile, o almeno ha scoraggiato i nostri tentativi di raggiungerli. All’interno della stazione, come si legge sul portale, tra i vari resti si poteva ancora riconoscere la struttura del banco comandi.
Allo stato attuale, superato il portone (che abbiamo trovato aperto), gli ambienti interni del piano terra si presentano avvolti nel buio, tra macerie e rifiuti. Senza torce la visibilità è minima. Una scala conduce in uno scantinato, ovvero nella totale oscurità: per niente invitante, abbiamo fatto dietrofront. Al piano superiore, che invece abbiamo raggiunto, è l’instabilità dei solai a consigliare prudenza: dopo pochi passi e qualche scatto, siamo tornati indietro, anche allontanati da alcuni rumori e voci provenienti dall’esterno. Diversi dettagli suggeriscono infatti l’ipotesi che qualcuno abbia soggiornato in questo edificio, nonostante gli evidenti rischi di crollo.
La scomparsa della Sicignano-Lagonegro ne ha fatto un vero e proprio cimitero ferroviario (qui le foto della stazione di Galdo degli Alburni). Se, da una parte, questi caselli e piccole stazioni vecchie un secolo esercitano un fascino innegabile, dall’altra versano in uno stato di precarietà e degrado che lascia presagire un destino infausto.
Stato: in disuso, instabile
Zona: Vallo di Diano
Raggiungibilità: in auto
Dintorni: disabitati
Visita: sconsigliata all’interno
Aggiornamento: settembre 2021