Lungo il versante sud-est dell’ex area industriale di Bagnoli, dietro una barriera di vegetazione spontanea, si estende un complesso polisportivo e ricreativo ampio 230 mila metri quadrati, composto da campi di pallacanestro, calcio e calcetto, tennis, pallavolo, a loro volta circondati da una pista d’atletica e attraversati da un lunghissimo percorso ciclabile. Ogni settore è diviso da sistemi di scale panoramiche e dotato di spogliatoi al chiuso. A questi si aggiunga un bocciodromo, un’area giochi per bambini, piste per skateboard ed altri sport su rotelle, una maestosa pista di pattinaggio sul ghiaccio e un sofisticato bacino acquatico artificiale per il modellismo nautico. La struttura ha un nome, chiaro e sintetico: Parco dello sport.
Neanche il tempo di pronunciarlo, ed ecco che bisogna aggiungere un aggettivo amaramente ricorrente in questa sede: abbandonato. Invero occorrerebbero ulteriori sostantivi, altrettanto ripetitivi: incuria, spreco, malamministrazione, e così via, ma non si comporrebbe altro che la solita, malinconica cantilena. Il background specifico della nota filastrocca è tanto più triste, se si considera il territorio su cui è sorto il Parco dello sport di Bagnoli: uno dei più estesi cimiteri di archeologia industriale interni a una metropoli è proprio in Campania, proprio a Napoli.
L’immenso stabilimento siderurgico, dapprima noto come ILVA e poi come Italsider, risulta dismesso dal 1992. Per ormai quasi trent’anni, questa superficie postindustriale vasta ben 2 milioni di metri quadri è rimasta in attesa di opere di riqualificazione, sempre impantanate da una insormontabile mole di intoppi paesaggistici, burocratici e politici. Dalle controversie sulle possibili assegnazioni degli appalti, alle difficoltà di gestione dei progetti fino alle difficili e dispendiose opere di bonifica di un territorio gravemente contaminato dagli scarti industriali, qualsiasi ipotesi di un’operazione di recupero è stata destinata all’aborto o al fallimento.
Se un simile orizzonte lascia apparire come utopia ogni piano di risanamento e riqualificazione, suona quasi come un miracolo il completamento del Parco dello sport di Bagnoli. Le strutture sportive e ricreative sono lì pronte per l’uso, collegate da piacevoli passeggiate nel verde, piste ciclabili, scalinate in mattoni, ponti ed altri sovrapassaggi. Vero è che sullo sfondo si scorge, da ogni punto del complesso sportivo, quella enorme carcassa metallica di colore rosso, simbolo dell’ex Italsider e memento della presenza funesta di rottami e residui inquinanti dello stabilimento siderurgico dismesso, che mortificano le speranze di rinascita di un quartiere affacciato direttamente sul mare (qui il nostro articolo).
Intanto il Parco dello sport di Bagnoli si estende, mestamente vuoto, tra campi da gioco, viali e strutture ricreative in stato di degrado. Il sistema di canali e piscine per il modellismo nautico oggi appare come uno stagno acquitrinoso. Il fiore all’occhiello del complesso, la pista da pattinaggio sul ghiaccio ricoperta da un imponente tendone a doppia guglia, è una distesa rigida di cemento, i cui dispositivi di raffreddamento per ghiacciare il suolo sono stati portati via. Inutile dirlo, in tutti questi anni tutto ciò che era depredabile è stato rubato. I campi sportivi sono distrutti e desolati, gli spogliatoi sono cupi ambienti vuoti, i metalli rivendibili sono stati sottratti.
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E pensare che nel 2010 il Parco dello sport fu completato e acclamato come primo, cruciale traguardo di Bagnoli futura, l’ambizioso e ottimistico progetto orientato a far rinascere il territorio. Dieci anni fa, dunque, prendeva forma definitiva il frutto di un investimento da 37 milioni di euro. Eppure, in quello stesso anno, sul più bello la giunta regionale sospese i fondi per Bagnoli futura, gettando alle ortiche anche i finanziamenti europei.
Non molto tempo dopo, il Comune inaugurò ugualmente il Parco dello sport con tanto di celebrazioni ufficiali, ma non senza una pioggia di polemiche sull’affidamento della gestione dell’impianto. Quindi nel 2013 lo stop definitivo che sancì il fallimento del progetto: contestando il reato di disastro ambientale la magistratura pose sotto sequestro i terreni, ipotizzando una bonifica svolta in modo inadeguato, poiché parte dei materiali tossici sarebbero stati seppelliti nel sottosuolo dello stesso parco (a questa assurda vicenda l’Espresso ha dedicato un articolo d’approfondimento).
L’amaro epilogo assume le sembianze di un paradosso: l’unica iniziativa di riqualificazione portata a termine, in un’area disastrata come l’ex Italsider, si è conclusa in una nuova, deprimente storia d’abbandono e di spreco.
Tipologia: centro polisportivo
Stato: abbandono, incuria, degrado
Estensione: 230mila mq
Aggiornamento: ottobre 2020