Sant’Angiolillo, il monastero dagli affreschi bruciati


Non sono molte le notizie storiche su questi ruderi noti come Monastero di Sant’Angiolillo, così chiamato non solo in virtù della collina di Sant’Angelo, su cui sorge, ma anche dalla chiesa originaria, che nelle cronache antiche era detta Sant’Angelo ad Pinos. La chiesa è di epoca medioevale e a questa fu appunto affiancato un piccolo cenobio agli inizi del XVII secolo, poi affidato ai Padri Dottrinari intorno al 1735.

ALTRE DERIVE – La zona non è lontana dagli abitati di Puccianiello, Mezzano e Casolla ma non ci sono strade che portano all’edificio. Pertanto, raggiunta la collina e tracciato un possibile percorso, mi metto in cammino attraversando un vasto uliveto: qui il terreno appare brullo e abbastanza roccioso, la strada in salita, ma è esattamente in cima che voglio arrivare. Sebbene il cielo minacci pioggia, proseguo imperturbabile la mia ascesa, cercando una sentiero tra gli ulivi, finché non mi ritrovo davanti un lungo muro di cinta e penso: ce l’ho fatta!


Il monastero di Sant’Angiolillo è proprio in cima all’altura, costruito su uno sperone roccioso. Oltrepasso il muro di cinta, dove una volta doveva esserci un portone, ed eccomi nell’area sacra. La facciata di una chiesa mi si para davanti, vedo ciò che resta di un portale con arcosolio a sesto acuto, che probabilmente in passato ospitava un affresco, o forse più probabilmente è un rifacimento neogotico ottocentesco, in accordo coi gusti dell’epoca. Di lato, nascosto tra la fitta vegetazione si scorge l’arco del portale d’accesso al monastero vero e proprio, mentre la lato opposto una costruzione di fattura differente è addossata al fianco della chiesa, e risale certamente a dopo il 1866, quando a seguito della soppressione degli ordini religiosi il complesso fu adibito a masseria.

Esploro prima questi locali, che però non sembrano offrire nulla di interessante se si escludono le centinaia di graffiti a soggetto sessuale che ricoprono le pareti, resti di mobili, e suppellettili distrutti dal fuoco. Torno indietro e salgo pochi i gradini che separano la chiesa dal sagrato. Varcato il portale d’accesso, mi trovo al di sotto dei resti del coro ligneo. Sulla cornice inferiore un’iscrizione recita D.✝C.  1802. Alle mie spalle una finestra circolare illumina la chiesa che è ad aula unica, coperta da una volta a botte a tutto sesto. Sul fondo, ciò che resta dell’altare con al di sopra una cornice in stucco, all’interno della quale un tempo doveva esserci una tela o una tavola dipinta.  Di lato, una nicchia che una volta ospitava la statua dell’Arcangelo.

Tutte le suppellettili e opere d’arte sono state asportate e l’altare è totalmente distrutto, restano alcuni elementi  di marmo e altri sparsi un po’ ovunque. Tutto è in uno stato pietoso, i soliti vandali hanno agito indisturbati e non solo di recente. Alcuni graffiti, infatti, risalgono quasi ad un secolo fa, testimoniandoci così anche la probabile epoca di abbandono. A parte firme e scritte, anche qui le pareti sono piene di disegni decisamente poco adatti ad un luogo sacro, anche se ormai abbandonato. Non manca nemmeno qualche scritta minacciosa inneggiante al demonio.


Da un passaggio accanto all’altare raggiungo il convento. Questo fu ristrutturato e sicuramente ampliato con l’arrivo dei Padri Dottrinari, ma ormai anch’esso è solo un rudere. Mi trovo in un disimpegno, da un lato un corridoio, dall’altro l’atrio d’accesso con i resti di una scala. Esploro prima il lungo corridoio, anch’esso coperto a volta. Il pavimento è sfondato in più punti e lascia intravedere al di sotto un altro livello. Passo per quella che doveva essere la cucina: vi sono i resti del focolare, del forno e forse una latrina. Annesso, c’è un locale probabilmente adibito a dispensa, ma qui una nicchia ricorda molto gli scolatoi nei quali si adagiavano i defunti.

Proseguo l’esplorazione non senza timore, tra pareti pericolanti e pavimenti sfondati, infine raggiungo l’ultima stanza che a sorpresa si rivela la più interessante. Forse era una sala di rappresentanza, poiché  le pareti e la volta a crociera erano interamente dipinte con motivi geometrici e a grottesca. Tracce di questi ancora si scorgono tra il nerofumo causato dal fuoco, acceso da qualcuno che ha purtroppo utilizzato la stanza come bivacco, bruciando probabilmente proprio gli infissi in legno, e causando su una parete anche il distacco dell’intonaco, ormai calcinato dalle alte temperature; ma, soprattutto, distruggendo per sempre anche il dipinto murale a soggetto architettonico. Ritorno verso la zona di ingresso del monastero di Sant’Angiolillo, molti solai sono crollati e la scala che conduceva al piano superiore ha seguito lo stesso destino. La volta non c’è più, e sotto le macerie non si riesce a capire la condizione delle rampe. Nonostante ciò, decido cautamente di affrontare la salita. Per fortuna la scala si mostra solida e regge ancora bene il peso dei detriti insieme quello degli anni.

Arrivo in un secondo corridoio che sovrasta il precedente, un’ala conduceva forse alle celle dei frati, l’altra, ormai inaccessibile per il crollo di un solaio, alla cantoria della chiesa. Questo livello è interamente scoperto, e la vegetazione ha ormai conquistato tutti gli spazi,  non ci sono più tetti o coperture, l’unica è quella della chiesa, una volta a botte estradossata in pietra. Vi salgo, al di sopra di essa mi ritrovo sul punto più alto in assoluto. Da qui si gode a 360° del panorama sulla vallata: da un lato la Reggia Di Caserta col suo enorme parco, dall’altro il complesso di San Leucio e poi ancora  l’abitato di Caserta Vecchia e, infine, l’immancabile Somma Vesuvio.


Il sole tramonta. Le nuvole, che si erano mostrate minacciose lungo il sentiero, sembrano aver cambiato idea e dopo aver lasciato cadere poca acqua, vanno via. Penso che l’esplorazione sia andata bene, sono soddisfatto. Decido di seguire le nuvole e andar via anch’io, lasciando il Monastero di Sant’Angiolillo alle mie spalle.

di Luigi Scarpato

L’album completo di foto del monastero di Sant’Angiolillo è sulla pagina Facebook di Luigi.
Non lontano dal monastero, su un’altura speculare, si erge il casotto Leonetti, che abbiamo visitato nel febbraio scorso


Categoria: luoghi di culto
Tipologia: convento
Stato: rudere
Raggiungibilità: a piedi, sentiero tra gli uliveti
Accessibilità: libera
Dintorni: disabitati
Durata della visita: 45 minuti
Aggiornamento: settembre 2020

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