Convento di S. Maria di Betlemme: storia di un abuso edilizio


Tra i vicoli stretti di Chiaia che si arrampicano tortuosi verso la cima della collina del Vomero, sopra le teste di passanti e consumisti a passeggio su via dei Mille, si cela lo storico Complesso di Santa Maria di Betlemme dell’Ordine dei Frati Predicatori, edificato nel corso del XVII secolo e inaugurato nel 1653.

La tipica forma quadrangolare di questa struttura conventuale è cinta da quattro vicoli in pendenza: l’atmosfera ricorda molto da vicino i confinanti Quartieri Spagnoli, piuttosto che il milieu mondano, agghindato e lustrato, dei ‘baretti’ di vico Belledonne e dintorni. Ma già l’immagine satellitare di Google rivela lo scempio edilizio che ha violato questo storico convento napoletano: tra edifici cresciuti come funghi, svetta su tutti il palazzo dei veterani, un condominio di dieci piani risalente agli anni ’50, costruito paradossalmente nel mezzo del complesso, senza registrazione al catasto e da sempre abitato abusivamente. Già nel 1993 la giunta Bassolino prese l’impegno di demolire questo immenso sfregio all’architettura storica della città. Mai successo, ça va sans dire. Così come sono volate via nel vento le proposte recenti di sgomberare gli abusivi per attuare progetti di recupero dell’area monumentale.

La facciata gialla lungo salita Vetriera è quella meglio conservata, poiché ridipinta di recente. Proprio qui, sull’ala orientale del complesso, si trova l’unico accesso verso l’originario chiostro, ma oggi funziona semplicemente da portone del già citato gigantesco condominio, sbattuto in faccia al convento quasi 70 anni fa. Nell’impianto originale, su tre lati del chiostro si aprivano porticati scanditi da dieci arcate, oggi murate, che terminavano in un variopinto giardino pensile posto a monte.

 

L’ala orientale di Santa Maria di Betlemme ospitava un tempo i dormitori del convento, ed oggi è inaccessibile: una porta interna al cortile condominiale è chiusa da un lucchetto.  Da questa parte o dalla strada si può solo sbirciare tra le finestre dei piani bassi: dove non ci sono montagne di rifiuti, si scorgono stanze vuote e consunte e affreschi decorativi sui soffitti e sulle pareti, accanto alle finestre un tempo decorate da cornici in stucco del XVII secolo.

 

Se non bastasse l’abusivismo di palazzo dei veterani, anche un angolo dell’edificio orientale è stato forzatamente convertito in un insieme di appartamenti su più piani. La stessa sorte è toccata al blocco meridionale, dove si erge ancora la chiesa seicentesca progettata da Dionisio Lazzari e completata da Arcangelo Guglielmelli: su questa facciata, pur coperta da una rete di sicurezza, si notano le finestre di abitazioni attualmente popolate.

 

La rete verde e le auto parcheggiate coprono il portale in piperno, ormai comunque lontano dai vecchi fasti. La facciata a Sud presentava originariamente anche uno sfarzoso ordine gigante, oggi invisibile. Non resta che imbucarsi in quello che sembra il portone di un qualsiasi condominio del centro storico, e sulla destra si scopre l’antico scalone monumentale del convento. Lo stato precario di conservazione, tra polvere e rifiuti (incluse carcasse di motorini), non invita alla visita. La solitudine di solito, però, mi rende testardo: ed essendo passato di qui da solo, ho deciso di arrivare fin dove potevo.

 

Qua e là, tra impalcature e calcinacci, si trovano buchi nei muri che, con poco sforzo e molte macchie di polvere e intonaco, si possono attraversare per proseguire oltre. Ma le stanze sono spoglie, poco o nulla è rimasto da vedere, e le ultime porte, quelle che condurrebbero proprio nei dormitori, sono murate. Visita terminata.

 

Di certo l’architettura è l’esito naturale di un processo di sedimentazione della storia, e deve recare le tracce del succedersi di eventi. Bisogna pure tener conto che già dal 1809, con la soppressione degli ordini religiosi nel periodo napoleonico, gli ambienti del Complesso di Santa Maria di Betlemme furono riadattati in appartamenti privati per le gendarmerie. Ma questo caso di abusivismo edilizio moderno è a dir poco eclatante, e la tutela dei monumenti storici sarebbe un dovere delle amministrazioni, oltre che un interesse dei cittadini e di chi costruisce nella propria città. Questo convento del Seicento invece è stato deturpato da una parte e abbandonato dall’altra: non ci sono scuse.


Categoria: architettura sacra
Tipologia: complesso conventuale
Stato: abbandonato/occupato
Zona: centro storico di Napoli
Raggiungibilità: a piedi
Accessibilità: su due lati
Dintorni: sovrappopolati
Visita: sconsigliata
Durata: 30 minuti
Aggiornamento: marzo 2020

 

Condividi su: