La piccola ‘blue room’ di un borgo rurale fantasma


L’unità di misura di una ‘scoperta’ e, parallelamente, del grado di abbandono e oblio di un luogo è la quantità di informazioni reperibili: quanto più una località è recondita, dimenticata e diroccata, tanto meno sembra possibile risalire a notizie e ricostruzioni storiche. All’incerta collocazione storiografica senza dubbio contribuiscono le dimensioni del borgo fantasma in questione: Rocciano non è altro che una piccola frazione montana – per giunta l’ultima sul versante settentrionale – del piccolo comune di Giano Vetusto, che oggi conta appena 650 abitanti. Tant’è che in rete si trovano soltanto poche righe sulla storia del luogo, e questo borgo rurale, prima della nostra visita, non era presente in nessun archivio di paesi fantasma.

Proprio quando ci lanciamo in simili ‘esplorazioni alla cieca’, allora ci godiamo quel gusto particolare di sentirci un po’ pionieri, letteralmente alla
DERIVA – Consci solo della meta da raggiungere, siamo sbarcati sul posto e ci siamo lasciati investire dal fascino della sorpresa. Quel piacere di seguire l’istinto e le fascinazioni, di farsi colpire dai dettagli e di ripercorrere i segni di epoche estinte.

 

All’arrivo, un segnale stradale consunto vieta l’accesso ai veicoli, e una mappa annerita dall’usura del tempo doveva una volta indicare un percorso di trekking attraverso l’intera zona montana. Sono questi gli ultimi residui più ‘moderni’, affogati nell’abbandono lungo almeno un trentennio. Alle spalle, un agglomerato di case attira l’attenzione: l’apparenza è quella di uno spopolamento ancor più remoto nel tempo. Non resta che andare a vedere.

Un manichino riverso nell’erba accende la curiosità, ma è varcando la porta del piano superiore che si apre lo scenario più interessante: una stanza tutta blu, piena di piccoli oggetti, quaderni scritti, libri, utensili, e un inquietante pupazzo seduto su una sedia. Una piccola oasi in uno scenario piuttosto rovinoso, che solleva un dubbio: perché soltanto questa stanza conserva tracce di una permanenza recente?

 

Una volta soddisfatti gli istinti e la curiosità, si può procedere con ordine: dalla stanza blu abbiamo proseguito lungo il percorso all’aperto tra i ruderi di Rocciano, nelle cui crepe sono iscritti secoli di storia silenziosa. NOTIZIE – Disabitato dal secondo dopoguerra, Rocciano conserva l’originaria struttura di un borgo rurale medievale. Le antiche abitazioni in pietra e le viuzze pavimentate con rocce calcaree ne sono una testimonianza ancora viva. Ma, pur in mancanza di documentazioni, si ritiene che “Rocciano doveva già esistere in epoca romana come sobborgo dell’antica Cales“, città italica appartenente al popolo degli Ausoni, sul cui suolo risiede l’odierna Calvi Risorta (fonte: Il Portale dell’Alto Casertano)

 

L’antico nome di Rocciano è Rocca Jani, ovvero Rocca di Giano, toponimo anch’esso dedicato al dio romano bifronte. Il piccolo borgo arroccato su un’altura offrì un rifugio meno accessibile e meglio difendibile agli abitanti delle città in pianura (tra queste, Cales), che dopo la caduta dell’Impero Romano si ritrovarono in balia di attacchi e saccheggi da parte dei barbari.  A questo periodo e con gli stessi scopi risale la fondazione dei borghi di Rocchetta e Croce (il secondo è anch’esso ad oggi un paese fantasma: clicca qui per il nostro articolo).

Dal medioevo al XX secolo, probabilmente con una storia abitativa altalenante, il borgo è rimasto popolato fino alla seconda guerra mondiale: da allora è un paese fantasma, o meglio una frazione fantasma. Restano diversi quesiti su questo piccolo centro rurale abbandonato: non solo una storia poco documentata, ma anche un passato recente ambiguo, i cui punti interrogativi sono tutti nella stanza blu.

Altre foto di Rocciano sono sulla nostra pagina Facebook:
[Stanza blu]
[Borgo]


Categoria: borgo fantasma
Tipologia: paese abbandonato (frazione)
Zona: provincia di Caserta
Stato: abbandono totale
Dintorni: desolati, natura
Raggiungibilità: agevole in auto
Accessibilità: libero accesso
Visita: comoda, indisturbata
Durata: 60-90 minuti
Aggiornamento: febbraio 2020

Condividi su: