Attese disattese: la doppia stazione di Atena Lucana


È la prima cosa che apprendono pendolari e viaggiatori ancora avvezzi all’uso della bassa velocità: l’arte di dominare l’attesa. Se ne appropriano e ne diventano maestri. Mentre i più la subiscono quale fastidioso e snervante momento di transizione verso la meta, il pendolare l’accoglie come un completo stato di grazia. Perché l’attesa è una dimensione che non tutti sanno afferrare, è uno spazio-tempo che presuppone la consapevolezza di rimanere sospesi pur muovendosi.

ASPETTANDO IL LIETO FINE – Un’attesa che se da un lato priva, dall’altro restituisce il privilegio della riflessione, di essere testimone di un prodigioso collante tra realtà altrimenti isolate, e non ultimo, il privilegio di fare comunità. È una comunità disgraziata eppure felice, quella dei pendolari. Affratellati come sono dalla rassegnazione all’ineluttabilità dei disservizi, dei ritardi, dei sostitutivi presi al volo, delle coincidenze al limite della fantascienza. Una comunità legata dall’attesa e dalla sensazione di essere passeggeri nel senso letterale del termine, ossia provvisori. Provvisori eppure di casa.

Nessun altro luogo ha il potere di “fare famiglia” e annullare distanze sociali e geografiche come un treno, o ancora meglio, come una piccola stazione sperduta nell’Italico Meridione. Àtena, ad esempio, è la città più antica del Cilento, immaginiamo quale frattura col passato abbia sancito l’arrivo del treno e la realizzazione della stazione di Atena Lucana! Nel Cilento l’attesa sui binari era ingentilita dalla promessa di un’inquadratura lenta ed esclusiva su boschi di castagno, fiumi impetuosi e antiche vestigia della Magna Grecia. Avendoli attraversati a piedi non faccio fatica a immaginare la meraviglia degli antichi viaggiatori che da Napoli giungevano fin qui, nel Vallo di Diano.

Ci sono cose infatti che sfuggono alla furia di una Freccia. Perché anche il più bel profilo aerodinamico di un ETR1000 non sarà mai nulla in confronto alla fisica miracolosa di certe gallerie, alla sfida di viadotti arditi, e all’ingegneria a volte impossibile applicata alla posa delle traversine.

TRENI ALLA DERIVA – Sono molte le piccole città del Sud che hanno conosciuto le gioie dell’attesa (leggi sviluppo&prosperità) grazie a stazioni e tracciati ferroviari. Eppure molti di questi binari sono stati dismessi, vuoi perché non conveniva più tenerli in vita, vuoi perché nel frattempo è arrivata, almeno sulla mappa, la Salerno-Reggio Calabria. La centenaria linea Sicignano-Lagonegro è stata una delle prime “vittime” della SA-RC (insieme agli sfortunati vacanzieri di luglio/agosto). È una tristezza sgranare le stazioni perdute lungo il suo tracciato come fossero perle di una bella collana alla quale è stato reciso il filo. Ex piccoli gioielli oggi ridotti in ruderi, come la stazione di Galdo, quella di Petina, il casello di Pertosa ormai inghiottito nel bosco.

Oppure la stazione di Polla, “meritevole” di ospitare sui propri binari una locotender a vapore FS 835. Questa vecchia signora avrebbe dovuto essere monumentata nel cortile di una scuola locale. Ma si è ben pensato che una locomotiva morta stesse meglio su un binario morto.

 

L’ABBANDONO CORRE PARALLELO – E poi c’è la stazione di Atena Lucana, dove l’attesa si è interrotta per ben due volte. Prima nel 1966 e successivamente nel 1987. Quella di Atena era una stazione che aveva la duplice funzione di passante ferroviario lungo la tratta Sicignano-Lagonegro (gestita dalle Ferrovie dello Stato) e di stazione terminale della linea Atena-Marsico Nuovo (un tracciato di 27 chilometri a scartamento ridotto gestito dalle Ferrovie Calabro Lucane).

La stazione di Atena Lucana FS venne inaugurata nel 1887, mentre Atena FCL nel 1931 insieme alla linea per Marsico Nuovo. Era il 1966 quando uno smottamento nei pressi del casello di Pozzi costrinse il Ministero dei Trasporti a sopprimere la linea dopo soli 35 anni di servizio. Si dice che la galleria elicoidale di Brienza fosse un miracolo dell’ingegneria. E c’è chi ancora ricorda panorami leggendari. Invece sull’intera linea Sicignano-Lagonegro tutto tace dal 1987: 15 stazioni e 78 Km di binari buttati alle ortiche.

CI SCUSIAMO PER IL DISAGIO – Le stazioni Atena Lucana FS e FCL giacciono abbandonate l’una di fronte all’altra. Due ruderi ammalorati come un unico epitaffio alla storia dello spreco. Il fabbricato viaggiatori a due piani delle Ferrovie Calabro-Lucane è completamente devastato dai vandali e occupato dai rovi. Sulla facciata sono ancora visibili le scritte storiche che identificano gli ambienti. Che ironia del destino la “Sala d’aspetto I Classe” occupata dalla sterpaglia. Ancora più miserabile la fine dell’edificio dei bagni pubblici, denominato “Cessi”, e situato nel piazzale principale. Piazzale il cui sedime appare completamente disarmato: non c’è nessuna traccia della banchina e neanche del binario che consentiva l’interscambio tra le due stazioni. Gli edifici che ospitavano il deposito locomotive, il magazzino merci e il fabbricato di servizio sono attualmente occupati (a quale titolo?) da privati.

 

Dall’altra parte c’è la stazione Atena Lucana gestita dalle FS. Attualmente è chiusa e inaccessibile. Sbirciando gli interni anche qui è possibile constatare degrado e abbandono. Ormai anche gli autobus del servizio sostitutivo non passano più da queste parti… costringendo i pendolari ad attendere altrove.

È TARDI ORMAI PER ASPETTARE – Io mi domando con quale cuore si condanni una stazione al silenzio, con quale crudeltà si possa privarla dei suoi pendolari? Perché cos’è una stazione senza attesa? Per molti il tempo dell’attesa è tempo sprecato. Per me lo spreco, quello criminoso e scellerato, è chiudere una stazione privando noi, poveri Ulisse, della gioia di tornare a casa.  

di Orsa

Si ringrazia per la collaborazione il Travel & Urbex Blog “L’Orsa nel Carro”, al quale Derive Suburbane si considera affine per orizzonti d’osservazione, stile e intenti. Si consiglia di leggere su Orsa nel Carro, in merito alle ferrovie campane abbandonate, l’articolo completo ‘UrbExpress’ dedicato a binari e stazioni della ferrovia abbandonata del Vallo di Diano: qui il link.

 

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