Il Dipartimento di Scienze Fisiche dell’Università Federico II di Napoli, un tempo, aveva sede all’interno della Mostra D’Oltremare. Una collocazione invidiabile. Lo ricordano bene gli ex-studenti di fisica nati negli anni ’70, che oggi però ritroverebbero le aule e i laboratori, di cui conservano nostalgica memoria, ormai avvolti nella polvere, nella ruggine e nella muffa, sommersi da detriti e calcinacci. Tra i testimoni diretti del recente passato c’è Pietro, classe ’78, che ci ha generosamente accompagnato in questa visita tra le mura e tra i ricordi della sua vita da studente universitario. Le scienze in questo luogo si mescolano all’arte e alla storia: le forme e le superfici dei padiglioni emanano un’aura monumentale, tanto più che queste opere architettoniche, in disuso da poco meno di quindici anni e ormai in stato di degrado, riposano abbandonate nel verde e nel silenzio del parco.
Neanche il tempo di oltrepassare l’area del parcheggio, che già spiccano le geometrie severe e il bugnato del Padiglione dell’Albania, un bizzarro cubo il cui stile compositivo rimanda chiaramente all’epoca fascista: progettato nel 1938, come suggerisce il nome è ispirato alla kulla, tipico edificio fortificato albanese. [Con una visita successiva, abbiamo scoperto un piccolo accesso libero e siamo riusciti a vedere gli ambienti vuoti ma ancora affascinanti del padiglione, la cui sala principale è dominata, e illuminata, dal mosaico di lacunari in vetro di Murano.]
[Altre foto del Padiglione Albania sono a questo link]
Pochi metri più avanti, riconosciamo dalle forme esterne l’abside della Chiesa di S. Maria Francesca Saverio Cabrini. Con rammarico ci accorgiamo che l’ingresso sul retro è stato murato, mentre l’accesso anteriore è sbarrato per ragioni di sicurezza: l’austera facciata si contraddistingue per le quattro statue del tetramorfo poste sulla cima. Ma la perla architettonica di questo tour nell’area dell’ex Dipartimento di Scienze Fisiche è il Padiglione Rodi, che affaccia sul Viale degli Eucalipti. Anche questo progetto risale al 1938, e fu inaugurato nel 1940: l’architettura è ispirata agli alberghi assistenziali dei Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (XI secolo), conosciuti come Cavalieri di Malta o, appunto, Cavalieri di Rodi (clicca qui per maggiori informazioni). Nella piazzetta antistante si erge una colonna che regge la statua di un cervo, simbolo di Rodi, per l’appunto. L’interno dello splendido edificio, ci racconta Pietro, era utilizzato come Aula Magna: attualmente è inaccessibile ma, dalle finestre aperte, siamo riusciti a fotografare le decorazioni che ne adornano le pareti.
La vera sorpresa, per i nostri occhi sempre un po’ infantili, si nascondeva nel cortile interno: dalla vegetazione spontanea emerge una facciata che ricorda una casa delle fate, nient’altro che la ricostruzione di una “tipica casa di Lindos, zona dell’Isola di Rodi, da cui trae il nome”. Sul portone azzurro si legge ancora la targa laboratorio. Da qui ci spostiamo verso i laboratori adiacenti, guidati da Pietro, in grado di orientarsi perfettamente seguendo la mappa dei ricordi dei suoi anni di studio.
I corridoi ormai vuoti e spogli non smettono di emozionare il nostro cicerone, che pure li aveva già rivisitati dopo l’abbandono dell’intera area. Pietro ci indica le colonne dissestate, tra le cause della chiusura del vecchio Dipartimento: la struttura già da diversi anni mostrava segni di degrado e non garantiva condizioni di stabilità e sicurezza. La targhetta con il nome di un docente resiste attaccata ad una porta, alle cui spalle si scorgono improbabili bassorilievi, che accrescono la componente di monumentalità di questo padiglione.
[In quest’album Facebook tante altre foto del P. Rodi, della chiesa e dell’ex Facoltà di Fisica]
Finalmente raggiungiamo l’ampia stanza che a lungo ospitò l’acceleratore di particelle, il fiore all’occhiello del Dipartimento. Pietro ci mostra il punto esatto in cui risiedeva l’acceleratore Tandem TTT-3, acquistato nel 1977 dalla High Voltage Engineering Corporation e trasferito nel 1998 nella nuova sede universitaria di Monte Sant’Angelo. Intorno all’acceleratore si svolgevano “ricerche nel campo della fisica nucleare fondamentale e applicata”, spaziando “dall’analisi di materiali con fasci ionici allo studio del danno cellulare, oltre allo studio di reazioni nucleari a bassa energia”. (Fonte: http://www.fisica.unina.it).
Chiaramente non c’è più traccia dell’acceleratore: abbiamo potuto fotografare soltanto qualche dettaglio di ciò che è rimasto attaccato alle pareti di questi ambienti ormai deserti e muti. Ma il prestigio e il valore degli esperimenti condotti nell’ex Dipartimento di Scienze Fisiche legittimano la sensazione che abbiamo provato: quella di trovarci di fronte ad un monumento della ricerca scientifica, sia per l’importanza accademica di questo luogo, sia per la splendida architettura che ne rimane, lasciata mestamente all’impietosa usura del tempo.
Tipologia: edificio universitario, Facoltà di Fisica
Stato: abbandonato, in degrado
Zona: Napoli
Raggiungibilità: agevole in auto
Dintorni: sorvegliati
Visita: accessi non semplici
Durata: 1-2 ore
Aggiornamento: luglio 2019