Gli anacoreti e il monastero delle acque perenni


Sali, sali e sali ancora. Sali un’altro po’, poi ancora un paio di curve. Ancora qualche decina di metri di sentiero sterrato, altri due passi sulla ghiaia, ed ecco che sei quasi sulla cima del Monte Crestagallo, versante ovest, davanti alla facciata superiore del monastero di Sant’Anna de Aquis Vivis. Un nome lungo quasi quanto la strada per arrivarci, e ispirato ad una sorgente poco distante di acque perenni e considerate miracolose. In verità, in quel pomeriggio di giugno inoltrato, in cui il sole batteva severo, un goccio d’acqua fresca ci avrebbe fatto comodo, ma la sorgente ci è sfuggita. Invece, la radura brulla sulla sommità del monte diffondeva soltanto i bollori della siccità.

Da questa parte, per giunta, ci è parso di essere approdati davanti ad un rudere o poco più. E nemmeno troppo attraente sul piano estetico.

Monastero sul Monte Crestagallo

ORIGINI – Quassù si stabilì, alle soglie del XIV secolo, un piccolo insediamento di pochi eremiti che campavano di elemosina e vivevano in poche celle, approntate alla meglio. Non molti anni dopo, sorse una chiesetta dedicata a Sant’Anna e, progressivamente, l’edificio sacro fu ampliato. Merito della mediazione di Benvenuto da Sarzana, che alla regina Sancia di Maiorca, moglie di Roberto D’Angiò, si era limitato a chiedere umilmente un’appezzamento di terra coltivabile per la sopravvivenza, e invece ottenne in concessione dalla devota regina dodici moggia di terreno e ciò che occorreva per vivere dignitosamente. Successivamente, grazie a varie concessioni vescovili, fu possibile erigere un vero e proprio monastero (cfr. Alta Terra di Lavoro per una versione documentata della storia completa). Compiendo un salto fino al nostro presente, allo stato attuale l’immobile è di proprietà della famiglia Lapiello di Roma.

STRUTTURA – Dicevamo, l’impressione odierna che l’avventore ricava ad una prima occhiata, non solo della facciata posta più in alto, ma dell’intero perimetro del monastero di Sant’Anna de Aquis Vivis, è quella di un rudere piuttosto grezzo, fatto di mattoni chiari e riarsi dal sole: l’intero complesso fu “realizzato facendo ricorso a pezzame spaccato di pietrame calcareo. […] Non fa eccezione la chiesa, che presenta murature realizzate con elementi spaccati di calcare intervallati da malta di granulometria grossolana, quest’ultima ancora in discrete condizioni di conservazione” (cit. da Miraglia 2017).

Prima di raggiungere la chiesa, posta più in basso, un’ispezione circolare attraverso gli ambienti residui del monastero di Sant’Anna de Aquis Vivis offre poco altro che un giro tra resti scarnificati, ma le camminate esterne regalano un panorama strepitoso sulla valle e su tutta la costa tirrenica visibile all’orizzonte.

 

Dulcis in fundo, ecco la chiesa di Sant’Anna, raggiungibile passando sotto un arco in pietra che conduce in un cortile, ormai ricoperto di vegetazione spontanea. La chiesa si compone di un’unica navata e termina con tre absidi a pianta pentagonale. Reliquie, fotografie, rosari ed altri oggetti votivi testimoniano che l’antico cenobio, anche se sporadicamente, è ancora meta di devoti. Di certo, come ogni chiesa, è un ottimo rifugio: quantomeno in un’estate di giugno inoltrato protegge dall’arsura e dai raggi spietati del sole. Noi ci siamo riposati per qualche decina di minuti in contemplazione, seduti sulle panche impolverate nell’ombra.

Altre foto sono sulla nostra pagina Facebook

Recuperate le energie, abbiamo lasciato il monastero medievale di Sant’Anna de Aquis Vivis e abbiamo fatto ritorno a valle, per dirigerci verso Sessa Aurunca alla ricerca di una chiesa rupestre e di un convento, in una giornata tutta consacrata… al sacro.


Categoria: architettura sacra
Tipologia: monastero medievale
Stato: quasi un rudere, esclusa la chiesa
Zona: Mondragone
Dintorni: disabitati
Raggiungibilità: in auto
Accessibilità: semplice
Visita: libera
Durata: 1-2 ore
Aggiornamento: giugno 2020

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